LUOGHI DI INTERESSE
LANDMARKS

1. Castello Martinengo di Villachiara
The Martinengo Castle in Villachiara

2. Chiesa Parrocchiale di Santa Chiara di Villachiara
The Parish Church of Saint Clare in Villachiara

3. Castello – Palazzo Martinengo di Villagana
The Martinengo Castle – Palace in Villagana

4. Oratorio Privato dei Santi Pietro e Vittore di Villagana
The Private Oratory of Saints Peter and Vittore in Villagana

5. Santuario del Rino di Villagana
The Rino Shrine in Villagana

6. Palazzo Martinengo Belleò di Bompensiero
The Martinengo Belleò Palace in Bompensiero

7. Chiesa di Bompensiero
The Church of Bompensiero

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1. Castello Martinengo di Villachiara, secoli XV-XVI

Con atto notarile del 1392 i tre fratelli Prevosto, Girardo e Antonio, figli di Pietro Martinengo, giurarono di tenere indivisi i beni ereditati. La prima divisione patrimoniale si realizzò con due atti, nel 1421 e nel 1429, presso il “castro fortilicii” da cui ebbero origine i “dodici” rami principali dei Martinengo. La funzione originaria della fortezza villaclarense era quella di difesa dei confini lungo l’Oglio. Bartolomeo I, primogenito di Antonio, sarebbe diventato capostipite delle due famiglie di Villachiara e Villagana. La fonte più attendibile dell’edificio è una mappa del 1471-73 in cui è miniato il castello. Nel 1528 Vittore I Martinengo vi aveva ospitato Ettore della Rovere, figlio del Duca di Urbino, e la dimora in questi anni fu testimone di fatti orribili. Il Nassino, nel 1533, scrive che Bartolomeo III faceva affrescare da pittori “forestieri” la volta contigua al ponte levatoio, il salone e le camere nel centro del castello. Il Carro di Fetonte 3 a mezzodì e i Putti 2 che danno sulla piazza sono attribuibili a Giulio Campi. La facciata ha due torrette circolari di chiusura, è percorsa da una cordonatura in cotto nella parte inferiore e intervallata da finestre, con beccatelli e caditoie allungate; in alto si affacciano i ritratti di dame 1 e cavalieri. Il lato a est è il più antico con torre e ponte levatoio; l’androne ha una volta a botte dipinta con fronde intrecciate 4 che si apre ad un cortile. A nord ovest vi è una porzione di loggiato a tre archi con colonne in Sarnico; chiudeva la corte un’ala verso ovest. Il lato a sud, completamente decorato, doveva essere di grande effetto scenografico. Una “sorta di palazzo fatto a guisa di castello”, quadrangolare, basso, con annesso giardino cinto da un fossato. Si deve a Marcantonio, nel 1580, la costruzione del fabbricato con portici, esterno al castello, denominato Razzetto. Giovanni da Lezze, nel ’600, descrive l’edificio con “bellissime stanze”. Francesco Paglia scriveva, verso il ’700, che si potevano ammirare “alcune figure con fregio di bambini in varj scherzi disegnati […] opere fatte da Lattanzio e Romanino”. Ottavio, figlio di Marcantonio, ebbe come discendente Francesco che avrebbe sposato Virginia Bargnani. L’unico erede maschio, da quest’unione, fu Ottavio morto nel 1669. Si estinse con lui questo ramo dei conti di Villachiara.

Il latifondo di Antonio Martinengo aveva il suo centro di difesa nel castello o fortilizio di Villachiara, probabilmente eretto da lui o dal padre nella seconda metà del sec. XIV. La costruzione viene fatta risalire al 1370 circa. Con atto notarile del 1392 i tre fratelli Prevosto, Girardo e Antonio, figli di Pietro Martinengo, giurarono di tenere indivisi i beni ereditati e la prima divisione patrimoniale si realizzò con due atti, uno il 6 settembre 1421 presso il notaio Giacomo Zanucchi di Orzinuovi e l’altro il 23 settembre 1429 con atto redatto “in castro fortilicii de Villaclara”, con cui ebbero origine i dodici rami principali della potente casata dei Martinengo. La funzione originaria della fortezza villaclarense era quella di difesa dei confini lungo l’Oglio. Bartolomeo I, primogenito di Antonio, sarebbe diventato capostipite delle due famiglie di Villachiara e Villagana. Vittore I Martinengo, figlio di Bartolomeo II, ospitava presso il castello detto la Ghirlanda Ettore della Rovere, figlio del Duca di Urbino. La dimora in questi anni fu anche testimone di fatti orribili, odii fraterni e tragedie di sangue. D’improvviso il fermento religioso, le invasioni straniere e i conflitti politici interni colpivano l’Italia: il condottiero della Serenissima Bartolomeo III scrisse dal Castello di Villachiara il 23 Dicembre 1517 la famosa lettera “Copia delle stupende et horribile cose che ne’ boschi di Bergamo sono a questi giorni apparse”. Il castello fu completamente decorato e assunse una veste nuova, divenendo una piccola corte rinascimentale, gentilizia, una specie di galleria a cielo aperto che tutti potessero ammirare: una residenza strategica, “politica, economica e simbolica” (Fiorenzo Fisogni 2011). Come scrive Pandolfo Nassino, nel 1533 Bartolomeo III, governatore di Cremona, faceva dipingere “certi foiami… da certi depentori forestieri”, il “volto… contiguo al ponte levator… ditti maystry” e “lo salotto qual e da mezo di in ditto Castello et certe camere in contigui a ditto salotto”. La stanza delle Quattro stagioni a monte, quella del Carro di Fetonte con i segni zodiacali a mezzodì, e i bellissimi Putti, che avrebbero segnato i dodici mesi sulla fascia esterna del lato meridionale che dà sulla piazza, erano i simboli della casata che avrebbe dovuto resistere al Tempo. Bartolomeo III sposando in prime nozze Rizzarda d’Este, nipote del Duca Alfonso d’Este di Ferrara e di Lucrezia Borgia, e nel 1540 Ortensia Colonna, s’imparentava con le corti di Ferrara, Parma e con l’alta aristocrazia romana. Da Roma, passando per l’Emilia, il rinnovamento dell’arte sarebbe giunto a Cremona e a Mantova, per confluire a Villachiara. Strettissimo è il rapporto con Giulio Campi che negli stessi anni lavorava a Soncino in Santa Maria delle Grazie. Le tipologie costruttive e gli intrecci decorativi emiliani sembravano scontati, protesi a preannunciare e cantare “le donne, i cavalieri, le armi militari, gli amori, le imprese cortesi e audaci” dell’Ariosto in “un’aldina” da viaggio. La configurazione della facciata con il lato meridionale piuttosto basso, a due piani, ha due torrette circolari di chiusura. Essa è percorsa da una cordonatura in cotto nella parte inferiore e intervallata da finestre, con beccatelli e caditoie allungate e cornice a denti di sega, sullo stilema del XV secolo, e decorata con ovuli ove si affacciano i ritratti dei Martinengo con le corrispettive dame. Il primo piano doveva servire per depositi di grano o altro. Il lato a mattina ove si trova l’ingresso è il più antico, in origine con torre e ponte levatoio; l’androne ha una volta a botte dipinta con fronde arboree intrecciate a cedrera; l’andito si apre con un cortile rettangolare. A nord ovest vi è una porzione di loggiato a tre archi con colonne in sarnico ed alcune sale interne; chiudeva la corte un’ala verso ovest. Il lato a sud, corrispondente al prospetto, doveva essere di grande effetto scenografico con grandi colonne decorate abbinate che incorniciavano paesaggi e prospettive: tra colonna e colonna vi erano nicchie con finte statue monocrome a chiaroscuro ed una trabeazione intervallata da metope e bucrani. Una “sorta di palazzo fatto a guisa di castello” (Fausto Lechi 1973), dalle forme larghe, quadrangolare, basso, con annesso giardino cinto da un fossato. Si deve forse a Marcantonio la costruzione del fabbricato con portici, esterno al castello, denominato Razzetto e destinato alle stalle per i cavalli. Gli elementi forniti sono ampliati da Giovanni da Lezze che descrive “un Castello fatto a guisa di Palazzo di circonferenza con li casamenti, de quasi mezzo miglio, et dentro di esso vi sono bellissime stanze di raggione del signor conte M. Antonio Martinengo, essendo suoi tutti li beni di detta terra, et Villagana delli ss.ri conti Alfonso suo zio, et figli del conte Paolo Emilio suo Nepote” (Catastico Bresciano, 1609-1610). Francesco Paglia scriveva che “In Castello non meno si ammira alcune figure con fregio di Bambini in varj scherzi disegnati, che son veram.te degni d’essere veduti, opere fatte da Lattanzio, e Romanino” (Ms. Queriniana A. IV. 9). Ottavio, figlio di Marcantonio, ebbe come discendente Francesco che avrebbe sposato la nobildonna Virginia di Camillo Bargnani. L’unico erede maschio, da quest’unione, fu Ottavio nato nel 1655 e morto tragicamente nel 1669. Si estinse con lui questo ramo dei conti di Villachiara. La Contessa Virginia dopo la sua morte lasciava come unico erede il fratello Nicola. Fino al 1750 si protrasse la signoria dei Bargnani su Villachiara. Verso la metà del ’700, sgretolatasi la proprietà dei Bargnani, tornarono a prevalere i Martinengo. La famiglia Provezza giungeva a Villachiara nella seconda metà dell’Ottocento acquisendo nei primi del ’900 l’ingente patrimonio immobiliare. Ora il castello è suddiviso fra più famiglie. Il Razzetto, invece, è frazionato fra proprietà private e il Comune di Villachiara.

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

BQBs, Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9

1517 Copia delle stupende et horribile cose che nei boschi di Bergamo sono a questi giorni apparse, dopo il 23 dicembre 1517, 2 c. 4°, Siena, Simeone di Niccolò dei Nardi. edit16 1 v. (Volume appartenuto alla biblioteca di C. W. Dyson Perrins con numero 222, di cui compare ex libris sul retro della cop. Acquistato da Mons. Chiodi nel 1961. Vecchia collocazione: Sala 24 Picc. 2 4 2 10/3. Biblioteca Civica “Angelo Mai” e Archivi Storici Comunali – Bergamo.

1930 Paolo Guerrini, Una celebre Famiglia Lombarda. I Conti Martinengo. Studi e ricerche genealogiche, Tipo-Litografia F.lli Geroldi, Brescia 1930.

1960 Camillo Boselli (a cura di), Il giardino della pittura: manoscritti Queriniani G. 4. 9 e Di Rosa 8 [di] Francesco Paglia, a cura di Camillo Boselli. VoI. II. «Commentari dell’Ateneo di Brescia» per l’anno 1958, Atti della fondazione “Ugo da Como”, Tipografia Fratelli Geroldi, Brescia 1960.

1973 Il Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze, (1609-1610) nell’esemplare queriniano H.V. 1-2 Apollonio, Brescia 1969-1973. Fausto Lechi, (Villachiara), in Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Volume primo. I Castelli, Edizioni di Storia Bresciana, Brescia 1973.

2011 Fiorenzo Fisogni, Villachiara (Brescia) Castello Martinengo, in Roberta D’Adda – Fiorenzo Fisogni – Valerio Terraroli – Giusi Villari (a cura di), Castelli e Ville della pianura tra Brescia, Cremona e Bergamo, UBI Banco di Brescia, Skira, Ginevra-Milano 2011.

2020 Roberto Consolandi, Il fiume racconta: per una guida del turismo ecosostenibile, in “Quaderni dell’Istituto di Istruzione Superiore Vincenzo Dandolo Bargano di Corzano – Brescia”, N° 1 A.S. 2019-2020, Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori, Roccafranca (Brescia) 2020.

Approfondimento

Cheyenne Garioni
Simranjeet Kaur

Safa Essaket
Camilla Ferrari
Greta Albertina Gorlani
Parwinder Kaur

Chiara Abbondio
Anni Boldini Elisa
Arianna Bonfiglio

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2. Chiesa Parrocchiale di Santa Chiara di Villachiara, secoli XVII-XX

Fu Bartolomeo I Martinengo, nel 1425, a ordinare la fabbrica della chiesa a Villachiara, ma si deve a Papa Paolo II, nel 1479, la bolla che istituiva la parrocchia di S. Chiara d’Assisi. La prima costruzione, nel 1539, è da attribuire a Vittore Martinengo: vi erano un affresco di San Giorgio che uccide il Drago e i Quattro Evangelisti realizzati dai Campi. Il campanile si concluse intorno al 1610. La chiesa attuale è dovuta a Giovanni Martinengo Villagana, fu iniziata nel 1754 e continuò nel 1765. Grazie alla contessa Caterina Martinengo Villagana i lavori ripresero tra il 1866 e il 1868. Il progetto originario fu rivisto da Luigi Grassi; nella commissione vi era il conte Giovanni Martinengo, Senatore del Regno. Lo stile è neoclassico, la pianta è quasi a croce greca con unica navata, due altari e ai lati quattro cappelle minori e colonne corinzie 5. Entrando, a destra, vi è la Cappella del Santo Sepolcro con la pregevole pala del Compianto del Cristo morto 1 attribuita ad Antonio Gandino, ed il Cristo morto dello scultore Giuseppe Stuflesser di Ortisei, del 1959. Segue l’altare del Sacro Cuore ricomposto da Francesco Peduzzi nel 1927. Sulla sinistra si trova il Battistero con il fonte secentesco e l’affresco di Giuseppe Mozzoni 2; accompagna l’altare della Madonna la statua di Giuseppe Obletter del 1923. Le doppie colonne della navata e del presbiterio sono coronate da sei statue di Franzini del 1928. La cupola è stata dipinta da Eliodoro Coccoli insieme al figlio Angelo, nel 1946, con La Gloria della Santissima Trinità, Santa Chiara, San Michele Arcangelo e i Quattro Evangelisti 3; essi sono anche gli autori del Buon Samaritano e il Perdono del Figliol Prodigo, di Ester e Assuero 8, di Giuditta e Oloferne degli altari minori. Le Sante Chiara e Agnese adoranti l’Eucarestia 7 sono rappresentate nella pala ottocentesca dell’altare maggiore. L’organo del 1916 si deve al cremasco Giovanni Tamburini con cantorie del 1893 della bottega del Roccatagliata. Gli intagliatori Beneduci e il doratore Ernesto Bettoni firmano e datano 1901 il baldacchino. Le vetrate 6 sono opera di Angelo Conte, del 1939, su bozzetti di Vittorio Trainini. Giacomo Olini è l’artista dell’Ultima Cena e la Vita di Santa Chiara, del 1962. La facciata 4 è a doppio spiovente, con elementi architettonici in Sarnico, paraste corinzie lisce e scanalate e campiture bianche, con timpano e finestrone a lunotto. Mons. Giacinto Tredici, nel 1938, la definì “La Chiesa più bella della plaga”.

Fu Bartolomeo I nel 1425 ad ordinare ai suoi eredi di fabbricare e dotare una chiesa a Villachiara, ma si deve a Papa Paolo II la bolla del 1479 che istituiva la parrocchia dedicata a S. Chiara d’Assisi e riservava ai Martinengo il diritto di indicare i parroci (Paolo Guerrini 1958). Il Catalogo queriniano del 1532, menziona la chiesa parrocchiale di Villachiara “in quadra Urcearum novarum” attribuendole un valore pari a 60 ducati (Guerrini 1925). La costruzione della prima chiesa del paese è da attribuire a Vittore Martinengo che venne consacrata il 29 settembre 1539, festa di San Michele Arcangelo dal vescovo Girolamo Vascherio (Zanoni 1997). Nella chiesa rinascimentale con un portico, per i catecumeni; secondo il Paglia, si potevano vedere un affresco di San Giorgio che uccide il Drago ed in coro alte mezze figure in nicchie tonde i quattro Evangelisti realizzate dai Campi (BQBs, Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9). In essa vi erano, nel 1565, cinque altari fra i quali uno dedicato il Maggiore, della Madonna, del SS. Sacramento, di San Vittore Martire e dei SS. Pietro e Andrea. La costruzione del campanile, iniziata nella seconda metà del ’500 si concluse intorno al 1610. Nel 1580, in occasione della visita apostolica di Carlo Borromeo, nella chiesa parrocchiale di Santa Chiara si trovavano sette altari; vi erano inoltre una cappellania di giuspatronato Martinengo e la scuola del Santissimo Sacramento, non eretta (Elena Mazzetti 2004). Nel 1703, durante la visita pastorale del vescovo Marco Dolfin alla diocesi di Brescia. Il numero delle anime, in unione a quelle di Villagana, era di 830 (Faino 1658, p. 310). Nella chiesa parrocchiale di Santa Chiara si trovavano tre altari; vi erano inoltre erette le scuole del Santissimo Sacramento e del Santissimo Rosario. La chiesa attuale è dovuta al Giovanni Martinengo Villagana. La prima pietra fu posta e benedetta dal parroco don Giuseppe Bocelli il 6 maggio 1754. I lavori rimasero sospesi per la morte del mecenate e del parroco e si ricordano cinque altari, oltre a quello Maggiore, quello della Madonna del Rosario, San Vittore martire, Sant’Andrea apostolo, Immacolata Concezione, i SS. Rocco e Sebastiano. Nel 1765, con don Bartolomeo Frigerio, iniziarono gli scavi per le fondamenta della navata che interessò anche una zona del cimitero attiguo. Grazie al lascito della contessa Caterina Martinengo Villagana del 1833 i lavori ripresero nel 1866 decisi dal vescovo Girolamo Verzieri. Il progetto originario fu ripreso dall’Ing. Luigi Grassi di Milano, ma fu necessario l’abbattimento della vecchia osteria che si affacciava sulla piazza. Nella commissione che sovrintendeva i lavori faceva parte il conte Giovanni Martinengo, Senatore del Regno. L’ultima pietra fu posta il primo aprile 1868 ed in ottobre fu benedetta da don Artemio Gorzonio. La chiesa aveva tre altari: il Maggiore e quelli del Santo Rosario e San Vittore. Lo stile prettamente neoclassico, sebbene sia sconosciuto il progettista si presume sia Gaspare Turbini, la pianta è quasi a croce greca, ha un’unica navata con due altari laterali e quattro cappelle minori ai lati. Sopra le colonne in botticino su alti plinti, d’ordine corinzio corre una trabeazione dentellata. La copertura e composta da fasce a semibotte e da una volta a crociera in corrispondenza delle cappelle maggiori. Il presbiterio a pianta quadrata è coperto da una cupola dipinta da Eliodoro Coccoli ed il figlio Angelo nel 1946 con La Gloria della Santissima Trinità, Santa Chiara, San Michele Arcangelo e i quattro evangelisti, mentre le vetrate sono opera di Angelo Conte del 1939 su bozzetti di Vittorio Trainini. La facciata a doppio spiovente, con elementi architettonici in arenaria di Sarnico, paraste corinzie lisce e scanalate e campiture bianche, con timpano e finestrone a lunotto. In campanile a torre con guglia piramidale ottagonale è seicentesco. Entrando, a destra, nella Cappella del Santo Sepolcro si può ammirare la pregevole pala con soasa del Compianto del Cristo morto attribuita ad Antonio Gandino, ed il Cristo morto dello scultore Giuseppe Stuflesser di Ortisei, 1959. Nel 1927 è stato ricomposto l’altare del Sacro Cuore da Francesco Peduzzi con le immagini evangeliche del Buon samaritano e il Perdono del figliol prodigo dei Coccoli. Sulla sinistra il Battistero con fonte secentesco con l’affresco di Giuseppe Mozzoni, segue l’altare della Madonna con la statua lignea di Giuseppe Obletter del 1923 coronata dagli affreschi tratti dalle Sacre Scritture di Ester e Assuero, Giuditta e Oloferne. Sono da menzionare, l’Ultima Cena e i dipinti sulla Vita di Santa Chiara di Giacomo Olini del 1962. Il baldacchino fu intagliato dai Fratelli Beneduci e dal doratore Ernesto Bettoni, e con “Tironi Tomaso e Figlio Ing.re Giuseppe a proprie spese” nel 1901. Le Sante Chiara e Agnese adoranti l’Eucarestia sono rappresentate nella pala ottocentesca dell’altare maggiore. L’organo del 1916 si deve al cremasco Giovanni Tamburini. Sei statue in gesso, fra le doppie colonne all’inizio della navata e quelle del presbiterio, rappresentano SS. Lucia, Francesco d’Assisi, Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Antonio Abate del 1928 di Franzini. Mons. Giacinto Tredici nel 1938 la definiva “La Chiesa più bella della plaga”.

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Si ringrazia il Conte Mauro Medolago Martinengo Villagana per aver messo a disposizione il proprio Archivio: Mons. Luigi Fé d’Ostiani, Albero Genealogico della Nob. Fam. de Conti Martinengo Villachiara e Villagana; Culto Chiesa e Cappella Villachiara e Villagana.

1565-1567, 20 sett. VP 5 Vescovo Domenico Bollani (II); Visitatore: Domenico Bollani. Villachiara ff. 141 v. -143 r., v. Cfr. Paolo Guerrini, Atti della visita pastorale del Vescovo Domenico Bollani alla diocesi di Brescia (1565-1567), vol. I, n. 3, Brixia Sacra, Brescia 1915, pp. 26-29.

1565, 21 sett. VP 5 Vescovo Domenico Bollani (II); Visitatore: Girolamo Cavalli. Acqualunga/Villagana. f.150 r., v. Cfr. Paolo Guerrini, Atti della visita pastorale del Vescovo Domenico Bollani alla diocesi di Brescia (1565-1567), vol. I, n. 3, Brixia Sacra, Brescia 1915, pp. 36-27.

1580, 20 apri. VP 8/5 Cardinale Carlo Borromeo; Visitatore: Girolamo Arabia. Cfr. Paolo Guerrini, La visita apostolica di S. Carlo alla diocesi di Brescia, in «Brixia Sacra», Anno 1, nn. 4-5, luglio-settembre1910, Brescia 1910, pp. 284, 292.

1703, [23 ott. – 15 nov.] VP. 104 Marco Daniele Dolfin; Visitatore: Marco Daniele Dolfin ff. 162 v., 163 r., 164 r. 165 r. Villachiara/Villagana, Bompensiero

BQBs, Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9

1658 Bernardino Faino, Catalogi quatuor compendiarii quos Coelum Sanctae Brixianae Ecclesiae circumplectitur : 1. Episcoporum in Sede Brixiana, qui usq[ue] nunc extiterunt. 2. Cardinalium, & Episcoporum in alienis Sedibus Brixiaensium. 3. Vicariorum Generalium Sedis Brixiae qui potuerunt inveniri. 4. Ecclesiarum omnium magnae Hierarchiae Brixianae Sedis, & c, Brixiae: apud Antonium Ricciardum, 1658, pp. 291, 310.

1925 Paolo Guerrini, In quadra Orcearum novarum, in Per la storia dell’organizzazione ecclesiastica della diocesi di Brescia nel Medio-evo. Il catalogo queriniano del 1532, in «Brixia Sacra», anno XVI, Fas. III, maggio-giugno 1925, Brescia 1925, pp. 51-53.

1958 Paolo Guerrini, Sviluppo cronologico dell’organizzazione parrocchiale diocesana dal XV secolo in avanti, in “Memorie Storiche”, XXV, Edizioni del Moretto, Scuola Tipografica opera Pavoniana, Brescia 1958, p. 138.

1960 Camillo Boselli (a cura di), Il giardino della pittura: manoscritti Queriniani G. 4. 9 e Di Rosa 8 [di] Francesco Paglia, a cura di Camillo Boselli. VoI. II. «Commentari dell’Ateneo di Brescia» per l’anno 1958, Atti della fondazione “Ugo da Como”, Tipografia Fratelli Geroldi, Brescia 1960, p. 13.

1994 Don Ivo Panteghini, Inventario dei Beni ecclesiatici, in Paolo Zanoni (a cura di), Parrocchia di Santa Chiara. La chiesa Parrocchiale di Villachiara nel 50° della consacrazione (1947-1997), Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (BS) 1997, pp. 24-24.

1997 Paolo Zanoni (a cura di), Parrocchia di Santa Chiara. La chiesa Parrocchiale di Villachiara nel 50° della consacrazione (1947-1997), Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (BS) 1997, pp. 21-42.

2004 Visita Apostolica e Decreti di Carlo Borromeo alla Diocesi di Brescia III. Franciacorta, Sebino e Bassa occidentale, a cura di A. Turchini, G. Archetti e G. Donni, in «Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia», s. 3, IX (2004), fasc. 2. Associazione per la Storia della Chiesa Bresciana, Brescia 2004. http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500801/ 2004 Elena Mazzetti, Parrocchia di Santa Chiara sec. XV - [1989]

2007 Antonio Fappani, Villachiara, Villagana, in Enciclopedia Bresciana, Vol. XXI, “La Voce del Popolo”, Fondazione “Opera Diocesana San Francesco di Sales, Brescia 2007, pp. 140-141.

Approfondimento

Ilaria Bonetti
Aurora Cassandra Cavalli

Gaia Canini
Manuel Francomano
Mattia Gadeschi

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3. Castello-Palazzo Martinengo di Villagana, secoli XVI-XX

Si narra che il castello di Villagana fosse compreso fra i quindici donati da Ottone I, nel 953, a Tebaldo Martinengo. Nell’estimo visconteo del 1385 Villagana faceva parte della quadra degli Orzi ed era menzionata in una carta topografica del XIV secolo. È Bartolomeo III il sostenitore di una bonifica “rinascimentale” della contea. Nel 1558 il borgo è assegnato al figlio Alfonso che dà origine al ramo dei Martinengo Villagana. Gli successe il figlio Bartolomeo IV e con lui la residenza segnò il massimo splendore. Giovanni Da Lezze, nel 1609-1610, scrive che “vi è dentro un bellissimo palazzo del Signor Conte Bartolamio Martinengo con una quantità di stanze et commodissime”. Nei primi del Novecento la dimora venne interamente restaurata e nel 1910 fu chiamato il pittore-architetto Luigi Comolli di Milano che adeguò il complesso ad uno stile “neo rinascimentale”. Nonostante la radicale trasformazione si possono ammirare l’elegante portico cinquecentesco, con cinque arcate sui due lati corti e sei su quello lungo, che abbraccia il vasto cortile d’onore e sul quale si mostrano le finestre del piano nobile 2. Nel corpo centrale le lunette sotto il porticato ospitavano dipinti del tardo Cinquecento. Al piano terra vi sono sale con soffitti a volte decorate all’antica. Al primo piano si accede, attraverso uno scalone a due rampe, ad una lunga galleria con un soffitto policromo ligneo. Sul lato nord si innalza il torrione che si affaccia su un cortile e sull’oratorio ed ingloba probabilmente una struttura del XVI secolo. Il cancello di ingresso, in ferro battuto e in stile barocco, è sostenuto da pilastri sormontati con vasi in fiamme. Nella zona sud-est vi è una torretta quadrata con un altorilievo rappresentante il leone di S. Marco 4, simbolo del dominio della Serenissima. Accanto vi è un palazzetto rinascimentale dove una loggetta a tre archi e colonnette abbinate a capitelli fogliati domina la “valle dell’Oglio” 3. Di particolare interesse è il giardino che gode di un ampio belvedere sul fiume e l’ampio parco con numerose essenze pregiate 5.
1 Francesco Valaperta, La famiglia Martinengo Villagana, 1875.
6 Inferriata ad arco a tutto sesto con lo stemma dei Martinengo

Il borgo di Villagana era sorto prima di Villachiara, su un terreno ghiaioso (“ganea”), o, secondo altri, attorno ad una taverna (“gana”). Numerose sono le testimonianze di presenze romane del I-II secolo d.C. sul territorio facenti come di una necropoli cristiana longobarda (Antonio Fappani 2007). Si può supporre che nel X. sec. i Martinengo da Genivolta, appartenente al contado di Bergamo, si estendessero anche su Villagana. Il castello di Villagana, senza fonti certe, si vuol annoverarlo fra i quindici castelli donati nell’anno 953 dall'imperatore Ottone I a Tebaldo Martinengo per l’eroismo da lui dimostrato alla battaglia di Taranto (Paolo Guerrini 1930). Nell’estimo visconteo del 1385 Villagana faceva parte della quadra degli Orzi ed era menzionata in una carta topografica del XIV secolo. È Bartolomeo III il sostenitore di una bonifica “rinascimentale” della contea. Dalla divisione patrimoniale avvenuta il 6 maggio 1558, Villagana è assegnata ad Alfonso Martinengo, figlio di Bartolomeo III, che segna l’origine del ramo dei Martinengo Villagana. Ad Alfonso successe il figlio Bartolomeo IV, generale della cavalleria del duca di Savoia e, poi, per la Serenissima governatore di Palmanova. Grazie a lui la patrizia residenza secentesca segnò il massimo splendore puntualmente descritta da Giovanni Da Lezze, 1609-1610, in cui, “discosta dal fiume Oglio due tirri d’archibuso […] “vi è dentro un bellissimo palazzo del Signor Conte Bartolamio Martinengo con una quantità di stanze et commodissime” (Catastico da Lezze 1609-1610). Seguì il ramo Francesco che vivendo quasi sempre a Brescia, diventato vedovo, si fece sacerdote a Villagana. Il figlio Bartolomeo V, estinta la famiglia dei conti di Villachiara, ereditò il fedeconmmesso e il titolo, assumendo il nome di conte di Villachiara e di Villagana. La linea proseguì con Giovanni Giuseppe, sebbene con molti figli ma senza discendenti, e con la figlia Marianna (1735-1817) che andò sposa al conte Venceslao Martinengo Palatino. Il palazzo passò al secondogenito Leonardo, che aggiunse al titolo quello primitivo dei conti Palatino. Continuò la famiglia di Giovanni (1807-1867), Deputato e Senatore del Regno d’Italia, che fu sindaco di Villachiara dal 1860 alla morte. Egli mantenne il palazzo “in dignità signorile”. Fu lui ad avere rapporti sia con l’architetto Rodolfo Vantini, del quale rimane un bellissimo disegno acquarellato del prospetto nord della torre progettata e mai realizzata di gusto eclettico proto rinascimentale (Valentino Volta 2016). Sposato con Doralice Lechi, ebbe quattro figli. Villagana toccò ai gemelli, primogeniti, Angelo e Luigi. Solamente Angelo si sposò con la nobile Rachele Gargantini di Milano di Milano, dalla loro unione nacquero Degnamerita, morta ancora bambina, e Luigia che avrebbe sposato il nobile bergamasco Girolamo Medolago Albani. Fu il pittore Francesco Valperta ad effigiare superbamente la famiglia. Le possessioni di Villagana passarono al figlio Angelo, marito di Laura dei marchesi Pallavicino. Dal 1904 al 1909, il castello di Villagana venne restaurato e nel 1910 fu chiamato il celebre pittore-architetto luigi Comolli di Milano adeguando allo stile “neo rinascimentale l’intero complesso, compresi gli interni, la chiesa dei SS. Pietro e Vittore e la torre”. Lo stilema rinascimentale e secentesco della dimora ha subito una radicale trasformazione. Ancora si possono ammirare l’elegante portico cinquecentesco con cinque arcate sui due lati corti e sei su quello lungo, che abbraccia il vasto cortile d’onore e sul quale si mostrano le finestre del piano nobile. Nel corpo centrale le lunette sotto il porticato ospitavano dipinti con scene di “Cesari a Cavallo” del tardo Cinquecento che richiamano le incisioni del primo barocco di Antonio Tempesta. All’interno, al piano terra, vi sono sale con soffitti a volta di varia specie con decorazioni e fregi all’antica. Al primo piano si accede ad una lunga galleria, con soffitto policromo ligneo attraverso uno scalone a due rampe. Sul lato nord si innalza il torrione, che ingloba probabilmente una struttura più antica, che si affaccia su un cortile e sull’oratorio privato dei SS. Pietro e Vittore. Qui è costudita una bellissima pala riconosciuta come opera dell’artista clarense Giuseppe Tortelli. Il cancello di ingresso in ferro battuto, in stile barocco, è sostenuto da pilasti sormontati con vasi in fiamme. Nella zona sud-est vi è una torretta quadrata dove sul muro esterno una formella in pietra in altorilievo è rappresentato il leone di S. Marco, ad indicare a chi proveniva dal vicino confine cremonese, che qui incominciava il dominio della Repubblica di Venezia. Accostato vi è un palazzetto rinascimentale dove una loggetta a tre archi e colonnette abbinate a capitelli fogliati domina la l’estesa “vallata dell’Oglio”. “Di particolare interesse è il giardino che gode di un ampio belvedere sul fiume e l’ampio parco con numerose essenze pregiate (magnolie, platani, cipressi, castagni, romilie e aceri), completamente cintato” (Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, 1991). La proprietà passò ai figli di Angelo Lanfranco, Gerolamo e Camillo che, ultimo rimasto, si sposò con Carla Civerchia. Attualmente la dimora è abitata dai coniugi conti Mara e Mauro Medolago Martinengo Villagana.

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Si ringrazia il Conte Mauro Medolago Martinengo Villagana per aver messo a disposizione il proprio Archivio: Mons. Luigi Fé d’Ostiani, Albero Genealogico della Nob. Fam. de Conti Martinengo Villachiara e Villagana; Culto Chiesa e Cappella Villachiara e Villagana.

1912 Giulio Pavoni, Il Castello di Villagana e Casa Martinengo, Presso Nicola Zanichelli, Bologna 1912.

1930 Paolo Guerrini, Una celebre Famiglia Lombarda. I Conti Martinengo. Studi e ricerche genealogiche, Tipo-Litografia F.lli Geroldi Brescia 1930, p. 38.

1933 Oreste Foffa, Toponomastica e note storiche di Villachiara, Villagana, Mottella e stemma del Comune di Villachiara, Stabilimento topografico editoriale Ditta F. Apollonio & C., Brescia 1933.

1973 Il Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze, (1609-1610) nell’esemplare queriniano H.V. 1-2 Apollonio, Brescia 1969-1973. Fausto Lechi, Villagana (fraz. di Villachiara), in Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Volume primo. I Castelli, Edizioni di Storia Bresciana, Brescia 1973, pp. 379-382.

1991 “Castello Martinengo Medolago Albani e giardino”, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, in data 6 aprile 1991, pp. 30-31 https://www.comune.villachiara.bs.it/sites/default/files/IMCE/qct_1.pdf

2007 Antonio Fappani, Villachiara, Villagana, in Enciclopedia Bresciana, Vol. XXI, “La Voce del Popolo”, Fondazione “Opera Diocesana San Francesco di Sales, Brescia 2007, pp. 140-141.

2008 Paolo Zanoni, Le affascinanti ambivalenze del Castello-Palazzo di Villagana, in Roberto Consolandi-Paolo Zanoni (a cura di), L’osservanza del decoro. Volti e Ritratti della Galleria Martinengo di Villagana, La Compagnia della Stampa Massetti Rodella, Roccafranca (Brescia) 2008, pp. 7-14.

2016 Valentino Volta, Le terre basse. Villagana una torre da fiaba per i signori della pianura, in «AB», N. 128, autunno 2016, pp. 65-70.

Approfondimento

Michela Ravelli

Erijona Gashi
Manuel Isabella
Marika Profeta

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4. Oratorio privato dei Santi Pietro e Vittore di Villagana, secoli XVI-XX

Negli atti della visita pastorale di Carlo Borromeo del 1580 si ha modo di constatare che fra le chiese presenti in Villagana, nella località “Venegnanae”, vi era un piccolo Oratorium Spiritus Sancti del Conte Alfonso Martinengo. La chiesa era inizialmente dedicata allo Spirito Santo, poi a San Pietro e negli anni Venti dell’800 ai SS. Pietro e Vittore. Venne allungata con una navata unica e il soffitto fu dipinto con storie di S. Vittore – il santo cavaliere icona e protettore dal monastero medioevale di Ripalta (Martinenghe) all’oratorio palatino. Verso il 1910, sotto la direzione del pittore Luigi Comolli, si configurò lo stilema rinascimentale con modifiche eclettiche al campanile e alle facciate 1; a sud fu posto un mosaico con l’immagine della Mater amabilis 3. Nel presbiterio, con le grate ai lati per i vani riservati ai nobili, la volta a botte raffigura un affresco con la SS. Trinità e l’incoronazione della Beata Vergine, col Figlio e il Padre; intorno alla scena, incorniciati da inquadrature prospettiche, sono seduti quattro Profeti con i libri sacri. Il Paglia attribuisce l’opera ad Antonio Gandino 4. La pala d’altare con soasa, riconosciuta a Giuseppe Tortelli 6, rappresenta fra nubi Maria col Bambino in braccio, San Giuseppe, il piccolo S. Giovanni Battista, alcuni frati francescani ed i SS. Pietro e Vittore con gli attributi delle chiavi e del vessillo; l’allegoria dei Martinengo, in primo piano, offre Villagana lambita dal fiume Oglio 2; un putto è assopito sopra uno scudo con lo stemma dell’aquila vermiglia; fra gli angeli uno discende con la palma e il calice, simboli del martirio. San Pietro è anche proposto sul paliotto dell’altare 5. Le pareti sono coronate da una Via Crucis. Una nicchia conservava le reliquie dei SS. Clemente e Abondio provenienti dal cimitero di San Callisto in Roma, 1640. Le liturgie venivano celebrate con un cappellano scelto dai conti. Dal 1937 agli anni Sessanta vi si celebrava la messa festiva. Due lapidi ricordano la prematura perdita nel 1869 della piccola Degnamerita, e quella del conte Giovanni, senatore del Regno d’Italia, nel 1867.

L’abitato, “posto all’orlo di un terrazzo del fiume” Oglio (Arnaldo Gnaga 1937), era citato nella Cartula donationis et oblationis – in data 1124 maggio 2, Cremona –, in cui si scrive che “Alberto giudice, figlio del defunto Guifredo, di Genivolta, di legge longobarda, dona alla chiesa di S. Maria che è a capo della diocesi di Cremona tutti i beni che egli ha nei territori di Soresina, Genivolta, Bubiathecha, Monterione e Villagana” (Valeria Leoni 2000/2020). Più tardi il papa Gregorio VIII confermava a Sicardo, vescovo di Cremona – Privilegium Gregorii VIII papae, 1187 novembre 2, Ferrara – i privilegi già concessi alla Chiesa cremonese dai suoi predecessori tra i quali apparivano le ecclesias de Vili|gana (a) (Valeria Leoni 2000/2020). Nell’estimo visconteo del 1385 Villagana faceva parte della quadra degli Orzi ed era menzionata in una carta tipografica del XIV secolo (Giovanni Zanolini 2006). Verso la metà del XIV secolo la pieve di Ovanengo (Mulzano) scomparve e si suddivise nei confinanti castelli dei Martinengo, la pieve di Bigolio si trasferì nel castello di S. Giorgio a Orzinuovi. Alla pieve di Mulzano appartennero due cappelle: S. Andrea di Ossignola (Osignola), che nel territorio di Villagana potrebbe essere stata un ospizio per pellegrini, e quella di S. Maria Campagnola, nel territorio di Villachiara (Paolo Guerrini 1924). Oreste Foffa scrive che “Mentre si hanno notizie positive riguardo alla fondazione del castello di Villachiara avvenuta nell’anno 1370 per desiderio di Antonio Martinengo, il cui figlio Bartolomeo I fu il capostipite d’ambo i rami dei Martinengo Villachiara e Villagana, altrettanto non può dirsi del castello di Villagana sebbene taluno, senza base alcuna, voglia annoverarlo fra i quindici castelli donati nell’anno 953 dall'imperatore Ottone I a Tebaldo Martinengo per l’eroismo da lui dimostrato alla battaglia di Taranto" (Oreste Foffa 1933). Con certezza alla pieve di S. Lorenzo Martire di Genivolta, XIV sec., della diocesi di Cremona, tra le fonti di carattere generale è citata nel Liber Synodalium del 1385, quando comprendeva “la chiesa dei Santi Pietro e Andrea di Villagana (ecclesia Sanctorum Petri et Andree de Viligana A 44 v)”, passando poi alla diocesi di Brescia. La chiesa dei SS. Pietro e Andrea, invece, che sorgeva davanti al Castello al culmine della salita, venne demolita con decreto di S. Carlo Borromeo nel 1580. Con atto steso in Soncino il 25 aprile del 1392 i tre fratelli Prevosto, Girardo e Antonio, figli di Pietro Martinengo, giuravano di tenere indivisi i beni ereditati. Si decideva una prima divisione patrimoniale con due atti, uno presso il notaio Giacomo Zanucchi di Orzinuovi il 6 settembre nel 1421 e l’altro nel il 23 settembre 1429 presso il “castro fortilicii” di Villachiara. Si dava origine ai dodici rami principali della potente casata dei Martinengo. Bartolomeo I, primogenito di Antonio, sarebbe diventato capostipite delle due famiglie di Villachiara e Villagana (Paolo Guerrini 1930, pp. 195-197). Il 21 settembre 1425 Antonio stende il proprio testamento e ordina ai suoi eredi di fabbricare e dotare una chiesa a Villachiara. Il figlio Bartolomeo II, schierandosi definitivamente con Venezia, ottiene la cittadinanza bresciana: Villachiara diventa feudo comitale, si estende a Villagana, compra nel 1449 fondi da Ventura de Oldradis de Soldo e altri nel 1459 dai Gritti di Venezia. Fece altri acquisti “ultra Olium” a Genivolta; il 25 settembre 1452 il Doge concedeva a Bartolomeo II, per i beni di Villachiara, Villagana e Barco “le stesse esenzioni da esse godute per i beni di Urago, Oriano, Mottella e Padernello”. In questo territorio avevano larghissime possessioni allodiali e feudali i nobili Ugoni, forse provenienti dai primitivi Martinengo (Enciclopedia. BS. p 131; Guerrini 1930, p. 473). I Martinengo già alla fine del XIV secolo, con gli Ugoni – assieme ai tre comuni di Villachiara, Ovanengo e Gabbiano - erano impegnati a risolvere questioni di decime contro Giorgio della Corte di Ripa Cremonese. Altri fondi di questo territorio furono donati a Marchione Gritti, prevosto di San Vittore di Ripalta, e a suo fratello Prospero Gritti, Conte D’Arpino, i quali nel 1458 assorbirono tutto il latifondo Ugoni in Villagana e l’anno successivo lo rivendettero ai Martinengo: “lascia sottintendere che si tratta della trasformazione e suddivisione del beneficio di S. Vittore di Ripalta fra gli Ugoni, i Martinengo e i Gritti, e del consolidamento del latifondo di Villagana in un’unica proprietà, per quella dei Martinengo, per cui essi incominciarono a chiamarsi Martinengo di Villachiara e di Villagana” (Guerrini 1930, p. 474). Il 9 giugno del 1452 Francesco Sforza si accampava a Villagana ed il 23 luglio dal borgo conduceva operazioni militari nella pianura; ben documentata è la sua presenza sul territorio fino al mese di agosto (Giuseppe Brizzolara, a cura di, 1938). Nel 1453 Villachiara si consegna a Francesco Sforza, ritornando sotto il dominio veneto dopo la pace di Lodi del 1454. Iniziano i momenti di maggior splendore: i castelli di Villachiara, Villagana, Belleò si trasformano, man mano, in dimore signorili. Nel 1479 viene “eretta” la parrocchia di Villachiara, divenendo centro religioso per tutto il territorio. Sisto IV (1471-1484) la pone sotto il patronato dei Martinengo e ne assicura la vita con la donazione del beneficio (Paolo Guerrini 1958; Encl. BS 2007, p. 131). Nel 1491 è nominata una chiesa di Santa Maria Pomposa poi scomparsa che sorgeva, probabilmente, sul terrazzo est di Villagana. Nella descrizione delle città e delle terre bresciane del 1493 nel Vicariato di Pompiano risultava citata Villachiara di Martinengo con anime 560 e Villagana con 150 (Antonio Medin 1886). Con Vittorio Martinengo il territorio è coinvolto in opere di bonifica, disboscamento e irrigazione. Irrompe una ventata di umanesimo, Vittore gode di importanti amicizie fra le quali il duca di Urbino, Ettore della Rovere, e il duca Alfonso I d’Este di Ferrara (sposo di Lucrezia Borgia) al punto che questi concederà in sposa la figlia Rizzarda a Bartolomeo III, primogenito di Vittore. Bartolomeo III – condottiero d’armi, impetuoso, ambizioso e crudele – chiamerà nel 1533 i Campi a Villachiara e presso il Belleò ed è presente negli avvenimenti di Brescia nel periodo difficile tra Spagna, Francia e Impero tra il 1509 e il 1516. Il 20 luglio 1513 i Cremonesi passarono in forza l’Oglio per bruciare Villagana. Secondo il cronista Pandolfo Nassino Bartolomeo Martinengo nacque il 9 febbraio 1487 e fu fatto governatore di Cremona nel 1527 (BQBs, Pandolfo Nassino, MS C.I. 15, f. 3 e f. 145; Paolo Guerrini 1930 p. 484 nota 15). Dalla Repubblica di San Marco ottenne privilegi, esenzioni feudali, onori e la riconferma del feudo comitale di Villachiara, data con Ducale il 16 novembre 1536, si aggiunse la nomina di cittadino di Cremona dal Senato. Passò al servizio di Paolo III (Alessandro Farnese: elezione 1534; fine pontificato 1549) e dal papa ebbe l’incarico di luogotenente Generale di Pierluigi Farnese nel governo di Parma e Piacenza. Passò a seconde nozze, dopo la morte di Rizzarda d’Este, con la principessa Ortensia Colonna dei Duchi di Trullano. Con questi matrimoni si metteva in parentela con le corti di Ferrara, Parma e Piacenza e l’alta aristocrazia romana, mentre i Gambara suoi nemici e avversari si appoggiavano alla casa dei Gonzaga a Mantova. Nel 1552, l’Imperatore Carlo V elargiva a lui e alla sua discendenza la cittadinanza onoraria di Milano e del Ducato di Milano: i Martinengo di Villachiara e Villagana e i loro successori Martinengo-Palatini, furono iscritti ai tre Patriziati di Brescia, Cremona e Milano. Nel testamento del 6 giugno 1558 chiamò eredi i figli Enea ed Alfonso, nonché l’illegittimo Vittore, che legittimò con un decreto imperiale di Carlo V, dato da Bruxelles il 28 maggio 1554. Lo stesso anno morì e fu sepolto nella cappella gentilizia di S. Lodovico in San Francesco di Brescia. Enea si dedicò agli studi umanistici appartato nel castello di Villachiara, ebbe due figli, Marcantonio e Paolo Emilio. Alla sua morte al primo toccò Villachiara e il suo Castello; al secondo i possedimenti di Villabuona, Bompensiero, Antes e Belleò. Con Bartolomeo si divisero le due linee dei Martinengo di Villachiara, continuava con Enea quella di Villachiara e iniziava con Alfonso il ramo dei Martinengo di Villagana. Negli atti della visita pastorale del vescovo Domenico Bollani del 20 settembre 1565 sono elencate le chiese campestri: S. Mariae de Ri, S. Petri in giarra, S. Victoris in Terra di Villagana, S. Victoris (demolita) e S. Andree in Villagana (che decade). Di queste cappelle rimangono Santa Maria del Rino e quella vicina dei Morti di San Pietro (giarra) a Villagana, le altre tre sono scomparse e il titolo di S. Vittore (8 maggio) venne dato alla cappella eretta nel XVIII sec. presso il castello di Villagana (Paolo Guerrini 1915, pp. 26-29). Negli atti della visita pastorale di Carlo Borromeo del 20 aprile del 1580 si ha modo di constatare le chiese presenti in Villagana: nella località “Venegnanae” vi era un piccolo Oratorium Spiritus Sancti del conte Alfonso Martinengo, il campestre Oratorium Sanctae Mariae, con un eremita e in concessione del Conte Marco Antonio Martinengo, il campestre Oratorium Sancti Petri che si dice sia di Paolo Emilio, piccolo, adorno, povero e senza reddito, il campestre Oratorium Sancti Hieronimi, che ha l’aspetto di una piccola casa del suddetto conte Paolo Emilio e si celebra per la sua famiglia, e Oratorium Sancti Andreae, quasi completamente diroccato (Visita Apostolica e Decreti di Carlo Borromeo alla Diocesi di Brescia III. Franciacorta, Sebino e Bassa occidentale 2004, pp. 525-528). La chiesa era inizialmente dedicata allo Spirito Santo, poi a San Pietro e negli anni Venti dell’800 ai SS. Pietro e Vittore (Antonio Fappani, Encl. BS 2007, p. 142), anche se lo stilema della conformazione architettonica è dimostrato da una bellissima mappa acquerellata del Settecento e dalla descrizione, quasi topografica, di Villagana nella pala dell’altare. Venne allungata con una navata unica e il soffitto fu dipinto con storie di S. Vittore – il santo cavaliere icona e protettore dal monastero medioevale di Ripalta (Martinenghe) all’oratorio palatino. Verso il 1910, sotto la direzione del pittore Luigi Comolli, si configurò lo stilema rinascimentale con modifiche eclettiche al campanile e alle facciate; a sud fu posto un mosaico con l’immagine della Mater amabilis. Nel presbiterio, con le grate ai lati per i vani riservati ai nobili, la volta a botte raffigura un affresco con la SS. Trinità e l’incoronazione della Beata Vergine, col Figlio e il Padre; intorno alla scena, incorniciati da inquadrature prospettiche, sono seduti quattro Profeti con i libri sacri. Il Paglia attribuisce l’opera ad Antonio Gandino. La pala d’altare con soasa, riconosciuta a Giuseppe Tortelli, rappresenta fra nubi Maria col Bambino in braccio, San Giuseppe, il piccolo S. Giovanni Battista, alcuni frati francescani ed i SS. Pietro e Vittore con gli attributi delle chiavi e del vessillo; l’allegoria dei Martinengo, in primo piano, offre Villagana lambita dal fiume Oglio; un putto è assopito sopra uno scudo con lo stemma dell’aquila vermiglia; fra gli angeli uno discende con la palma e il calice, simboli del martirio. San Pietro è anche proposto sul paliotto dell’altare. Le pareti erano abbellite da “cinque grandi quadri che, a quanto riferisce un inventario del 1867, raffiguravano la Cacciata dei Profanatori dal Tempio, S. Sebastiano medicato da S. Irene, S. Girolamo, il Redentore, e in una tribunetta la Madonna col Bambino: oggi vi ospitano una Via Crucis (Antonio Fappani, Encl. BS 2007, p. 142). Una nicchia conservava le reliquie dei SS. Clemente e Abondio provenienti dal cimitero di San Callisto in Roma, 1640. Le liturgie venivano celebrate con un cappellano scelto dai conti. Dal 1937 agli anni Sessanta vi si celebrava la messa festiva. Due lapidi ricordano la prematura perdita nel 1869 della piccola Degnamerita - figlia di Angelo Martinengo e Rachele Gargantini Piatti -, e quella del conte Giovanni, senatore del Regno d’Italia, nel 1867.

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Si ringrazia il Conte Mauro Medolago Martinengo Villagana per aver messo a disposizione il proprio Archivio: Mons. Luigi Fé d’Ostiani, Albero Genealogico della Nob. Fam. de Conti Martinengo Villachiara e Villagana; Culto Chiesa e Cappella Villachiara e Villagana.

BQBs (Biblioteca Civica Queriniana di Brescia), 1471-73 Libro dei Privilegi, MS. H.V.5 BQBs, Pandolfo Nassino, De Certi Foiami Depenti di Villachiara, MS C.I. 15, f. 145. BQBs, Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9

1886 Antonio Medin, Descrizione della città e terre bresciane nel 1493, in «Archivio Storico Lombardo», Giornale della Società Storica Lombarda, Serie Seconda, Volume III, Anno XIII, Milano 1886.

1915 Paolo Guerrini, Atti della visita pastorale del Vescovo Domenico Bollani alla diocesi di Brescia (1565-1567), vol. I, n. 3, Brixia Sacra, Brescia 1915, pp. 26-29.

1924 Paolo Guerrini, Per la storia dell’organizzazione ecclesiastica della diocesi di Brescia nel Medio-evo. Il Catalogo Capitolare delle Chiese e dei benefici compilati nell’anno 1410. in «Brixia Sacra», anno XV, Fas. I, Febbraio 1924, p. 7. Cfr. Paolo Guerrini, Per la storia dell’organizzazione ecclesiastica della diocesi di Brescia nel Medio-evo. Il Catalogo Capitolare delle Chiese e dei benefici compilati nell’anno 1410. Appendice. Cronache bresciane inedite dei sec. XV-XIX, puntata 20, in «Brixia Sacra», anno XV, Fas. V, ottobre 1924, Brescia 1924, pp. 131-133. Cfr. Enciclopedia BS. p. 130. Cfr. Catalogo Capitolare del 1410 e l’Estimo delle chiese e dei benefici del 1478 (Archivio di Stato di BS: Territorio ex veneto, busta 297, foglio 8). Cfr. 1993 Zanoni, p. 27, nota 5 p. 38.

1930 Paolo Guerrini, Una celebre Famiglia Lombarda. I Conti Martinengo, op. cit., pp. 195-197. MARTINENGO di VILLACHIARA Bartolomeo I: Sec. XV. Di Antonio qd. Pietro. Capostipite dei due rami di Villachiara e di Villagana. Fu condottiero agli stipendi dei Visconti e specialmente di Filippo Maria duca di Milano. Nel 1425 era capitano di 25 fanti, nel 1426 anche dopo l'instaurazione del dominio veneto sul Bresciano rimase fedele al Visconti e fu suo commissario militare e civile a Parma. Nell’ottobre dello stesso anno era governatore visconteo di Asti. Nel 1454, per essersi poi mantenuto fedele a Venezia, ottenne la cittadinanza bresciana. Nel 1457 rappresentava Brescia alle feste per il nuovo doge. Nel suo testamento del 1471 disponeva fondi per il completamento del presbiterio di S. Agata e quello della chiesa di S. Maria del Carmine. Istituì legati per la pieve di S. Maria di Orzinuovi, per la fabbrica della Chiesa di Villachiara ecc. Ebbe tre figli: Taddeo, Carlo e Prevosto; postumo, Bartolomeo II. In http://www.enciclopediabresciana.it/enciclopedia/index.php?title=MARTINENGO_di_VILLACHIARA_Bartolomeo_I

1933 Oreste Foffa, Toponomastica e note storiche di Villachiara, Villagana, Mottella e stemma del Comune di Villachiara, Stabilimento topografico editoriale Ditta F. Apollonio & C., Brescia 1933.

1937 Arnaldo Gnaga, Vocabolario topografico-toponomastico della provincia di Brescia, Tipografia del P. L. Orfani (L. Pedrotti), Brescia 1937, p. 641. Cfr. Paolo Zanoni, Villagana. Dove volava l’aquila dei Martinengo, Comune di Villachiara, Tipografia Editrice Lumini, Travagliato (Brescia) 2002, p.14.

1958 Paolo Guerrini, Sviluppo cronologico dell’organizzazione parrocchiale diocesana dal XV secolo in avanti, in “Memorie Storiche”, XXV, Edizioni del Moretto, Scuola Tipografica opera Pavoniana, Brescia 1958, p. 138. Guerrini scrive: 1479 – Bolla di papa Paolo II (pontefice dal 1464 al 1471) che riserva il pt. (patronato) sulla nuova parrocchia di Santa Chiara di Villachiara alla nobile famiglia Martinengo di Villachiara – Villagana.

1938 Rerum italicarum scriptores: Raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento ordinata da L.A. Muratori, nuova edizione riveduta ampliata e corretta con la direzione di Giosue Carducci, Vittorio Fiorini, Pietro Fedele, Vol. 21, Parte III (La Cronaca di Cristoforo Da Soldo). Giuseppe Brizzolara (a cura di), La cronaca di Cristoforo da Soldo, Nicola Zanichelli, Bologna 1938-1942, pp. 109, 111, 112.

1997 Paolo Zanoni (a cura di), Parrocchia di Santa Chiara. La chiesa Parrocchiale di Villachiara nel 50° della consacrazione (1947-1997), Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (BS) 1997, pp. 56-59.

2000/2020 http://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/cr/cremona-vescovo1/carte/vescovo1124-05-02 Edizione a cura di Valeria Leoni. Codifica a cura di Valeria Leoni. Progettazione a cura di Michele Ansani (Università di Pavia) © 2000-2020 Università di Pavia – Scrineum http://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/cr/cremona-sicardo/carte/vescovosicardo1187-11-02 Edizione a cura di Valeria Leoni. Codifica a cura di Valeria Leoni. Progettazione a cura di Michele Ansani (Università di Pavia) © 2000-2020 Università di Pavia – Scrineum Vedi Paolo Guerrini, Una celebre Famiglia Lombarda. I Conti Martinengo. Studi e ricerche genealogiche, Tipo-Litografia F.lli Geroldi, Brescia 1930, pp. 60-61 nota 6: “Di più il vescovo di Cremona estendeva la sua giurisdizione spirituale sulle chiese e il territorio di Villagana e di Urago d’Oglio. La Bolla di Gregorio VIII (Ferrara, 2 novembre 1187) confermava difatti al vescovo di Cremona castrum Uradi et ecclesias de Viligana cum populo et pertinentiis suis. Urago rimase alla diocesi di Cremona fino al 1787, Villagana invece se ne staccò molto presto, forse nel sec. XIII: cfr. P. GUERRINI La smembrazione austriaca della diocesi di Brescia sulla fine del sec. XVIII, in Brixia Sacra IX (1918), 113-131.

2002 Paolo Zanoni, Villagana. Dove volava l’aquila dei Martinengo, Comune di Villachiara, Tipografia Editrice Lumini, Travagliato (Brescia) 2002, pp. 303-309. Vedi la struggente poesia Pensiero notturno di una madre, scritta da Rachele Gargantini Piatti, madre della piccola Degnamerita. Cfr. Paolo Zanoni, op. cit., 2002, pp. 402-403.

2004 Visita Apostolica e Decreti di Carlo Borromeo alla Diocesi di Brescia III. Franciacorta, Sebino e Bassa occidentale, a cura di A. Turchini, G. Archetti e G. Donni, in «Brixia sacra. Memorie storiche della diocesi di Brescia», s. 3, IX (2004), fasc. 2. Associazione per la Storia della Chiesa Bresciana, Brescia 2004, pp. 525-528.

2006 http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/2001253/ 2006 Giovanni Zanolini, quadra di Orzinuovi sec. XIV – 1797. Cfr. 1993 Zanoni, p. 23.

2007 Antonio Fappani, Villachiara, Villagana, in Enciclopedia Bresciana, Vol. XXI, “La Voce del Popolo”, Fondazione “Opera Diocesana San Francesco di Sales, Brescia 2007.

2009 Elisa Chittò (a cura di), Il Liber synodalium e la Nota ecclesiarum della diocesi di Cremona (1385-1400): edizione dei manoscritti e repertorio delle istituzioni ecclesiastiche, UNICOPLI, Milano 2009, pp. 22, 338, 360 oppure 528 Biblioteca di Crema. “Il volume presenta l’edizione di due interessanti fonti documentarie tardo-trecentesche Il Liber Synodalium, conservato all’Archivio Storico Diocesano e la Nota ecclesiarum, conservata all'Archivio Storico della prepositura di Sant’Agata che permettono di avere un quadro abbastanza completo delle istituzioni ecclesiastiche della diocesi di Cremona sullo scorcio del XIV secolo”. Cfr. 2005 Saverio Almini, Pieve di San Lorenzo martire sec. XIV. http://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11501004/

Approfondimento

Camilla Rezzola

Marta Piccini
Erika Rodella

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5. Santuario del Rino di Villagana, secoli XV-XX

Il Santuario della Madonna del Rino è dedicato alla Natività della Vergine la cui festa si celebra l’8 di settembre. È ubicato sulla riva del Gambalone 8 e se ne hanno notizie dal 1491. Alcuni lacerti in affresco, nella zona absidale esterna, confermano l’epoca 7. Nel 1528 S. Maria del Rio (Rivus o Rinus, da cui Ri = torrente) era soggetta ai Martinengo e agli Ugoni. Dai documenti sulla prima visita pastorale del vescovo Bollani, del 1565, si deduce che vi era un altare portatile, il luogo era custodito da un frate eremita e si ordinava di riparare il calice e ridipingere l’immagine della Vergine dietro l’altare. Nella seconda visita Bollani conferiva pieni poteri a Cristoforo Pilati che nel 1572 sollecitava fosse riparato l’altare, acquistati gli arredi sacri e fosse aperta una finestra per illuminare meglio la zona presbiteriale dove ora si colloca il dipinto l’Adorazione dei Pastori 1: l’opera era già presente nel periodo di Alfonso Martinengo di Villagana e del nipote Marcantonio Martinengo di Villachiara, e della visita pastorale di don Girolamo Arabia, inviato dal Cardinale Carlo Borromeo nel 1580. L’affresco ha una matrice desunta da un’incisione del tedesco Giovanni Britto 2. La tavola prototipo, invece, dipinta da Tiziano nel 1532, ora è conservata a Palazzo Pitti di Firenze. La chiesa ha due navate, quella centrale ha una volta a botte 4; quella laterale di sinistra ha un soffitto con travetti ed un palco; l’altare reca la scritta “Co. Francesco Martinengo Villagana5. Una mappa del ’700 mostra il campanile sul lato destro, sostituito da uno esile addossato all’abside in corrispondenza della casa dell’eremita 6, presente sino al Novecento e oggi scomparsa. Fonti del ’700 documentano i vari restauri compresa la messa in opera di una campana. Le decorazioni, datate verso il 1910, sono attribuibili a Luigi Comolli. Sulla facciata neoclassica vi è la scritta Romitorio Privato Martinengo MCMXIV e lo stemma dell’aquila 3. Oggi la chiesa appartiene agli eredi Medolago Martinengo Villagana.

Alcune considerazioni sulla Chiesa Madonna del Rino, detta Romitorio Martinengo. Sita in prossimità della Roggia Gambalone tra la frazione Villagana e la località Boschine. È compresa nell’area del Parco Regionale Oglio Nord, in “Zona d’interesse naturalistico”. Immobile individuato dal mappale B del foglio 14 NTC di Villachiara.

Secondo lo storico Paolo Guerrini la famiglia Ugoni possedeva a Villagana prima del 1458 in contrada Rini, sive flumis Rini seu Gambaloni, in Ripa seu Regona, la quarta parte del Castellazzo di Villagana, reservatis iuribus ecclesiae, e molte terre indivise coi Martinengo, cioè cento piò a Genivolta oltre l’Oglio, il Castrum Tebaldi, la Campanea Mazani seu Meani, la Campanea Circoli, la Campanea S. Petri, la Gambina S. Petri; nel 1528 erano ancora proprietà degli Ugoni la Breda di S. Pietro, i Dosselli, e S. Maria del Rino, la chiesetta solitaria che lo studioso identifica con la ecclesia S. Marie Pomposae e che appare in un documento del 1491. Le ecclesias de Villagana sarebbero dunque quelle di S. Pietro (i Morti di S. Pietro), di S. Maria del Rio (Rivus o Rinus) e di S. Vittore, soggette ai Martinengo e agli Ugoni (Paolo Guerrini 1930, p. 473). Fondamentale per una ricostruzione storica e la descrizione dei luoghi è l’inedito testamento di Bartolomeo III Martinengo di Villachiara (1487-1559), rogato nel 1542 dal notaio Baldassare Longhena (ASBs, Busta 583), ove si enucleano i possedimenti sanciti in spartizione fra i figli Enea (1511-1559) e Alfonso (1530-16…). Per quest’ultimo, capostipite del ramo di Villagana, dall’ingente patrimonio immobiliare avuto in eredità compare la chiesa di Santa Maria del Rino. In questo periodo tra Villachiara, Villagana e Bompensiero si attestano le presenze dei Campi di Cremona, Lattanzio Gambara (Brescia, 1530-74), Gerolamo Romanino (Brescia 1484 c. - 1559 c.) e Antonio Gandino (Brescia, 1560- 1630), (Camillo Boselli, a cura di, 1960, pp. 11, 13-14). Un’altra fonte per comprendere l’aspetto cultuale del santuario, gli arredi sacri e le varie trasformazioni liturgiche, oltre all’assetto architettonico, sono le visite pastorali: già nella prima col Vescovo Domenico Bollani, avvenuta nel 1565, si dichiarava la celebrazione della messa con altare portatile e si ordinava di riparare il calice e ridipingere l’immagine della Beata Vergine dietro l’altare. L’oratorio subisce nel 1572, con la visita del canonico Cristoforo Pilati, una configurazione nuova in quanto si suggerisce di riparare l’altare, inserire la pietra sacra e aprire una finestra per illuminare la zona presbiteriale; è indicata, contigua all’edificio sacro, una casetta abitata da un eremita che, segnalato già nella visita del Bollani, questa figura religiosa continuerà la sua opera d’assistenza e custodia solitaria al Rino sino ai primi del Novecento (AVBs, Visite pastorali, G. M. Nava, 18-19-20 aprile 1815). L’edifico del romito si trovava, presumibilmente, sul retro, a nord, dove sono stati scoperti alcuni lacerti di dipinti in affresco esterni alla chiesa e visibili nella zona absidale con la rappresentazione della Vergine col Bambino in trono della seconda metà del XV secolo; non si conosce la data del crollo o dell’abbattimento, ma si suppone verso i primi decenni del secolo scorso. Si può collocare il dipinto de l’Adorazione dei Pastori (157 x 135 c.), situato dietro l’altare nella zona dell’absidale semicircolare del Santuario della Madonna del Rino nell’ambito culturale di Alfonso Martinengo Villagana e del nipote Marcantonio Martinengo di Villachiara (1545- 1615 c.), figlio del fratello Enea, che concedeva all’annessa abitazione un laico eremita nominato ex concessione nell’anno 1580 in occasione della visita pastorale di don Girolamo Arabia, inviato da San Carlo Borromeo. Ottavio Rossi descrive Marcantonio Martinengo “raro nel disegno delle fortificazioni, et meraviglioso nella Poesia e nella Musica” (Ottavio Rossi 1620/1981, p. 405; Cfr. B. Zamboni, 1778, pp. 115-116), ed è tra il 1572 e il 1580 che si realizza l’affresco con una matrice iconografica desunta dalla circolazione di un’incisione d’artista tedesco o d’opera di area veneta. Un indizio per tratteggiare la mappa architettonica è desunto dalla seconda visita pastorale (1610) del vescovo Marino Giorgi in cui si sollecita a “contribuere ad fabbricam Campanilis” (AVBs, Visite pastorali, M. Giorni, 7 maggio 1610, Vol. 15, 277), quindi, non esisteva un campanile all’epoca della messa in opera del dipinto parietale. Il conte Francesco Martinengo, il 18 febbraio 1615 per la Madonna del Rio, s’impegnava a far fare un palio di pietra d’Altare. Il 2 maggio 1615 era steso l’inventario degli utensili, dell’arredo sacro e dei paramenti della chiesa di santa Maria del Rino, consegnati al frate eremita Domenico Garzi da Gabiano (Inedito, Archivio dell’Avv. Arnaldo Martinengo Villagana Palatino di Villachiara Ragazzoni L’Archivio Martinengo Villagana), e concessi da Francesco Martinengo Villagana (1602-1675), Podestà di Salò e Capitano della Valle Canonica, d’animo mite e caritatevole che, dopo la morte della moglie Taddea Caprioli (1653) si fece ordinare sacerdote nell’aprile del 1659. L’annotazione è certificata dai raffinatissimi veli rossi e bianchi, con pizzi e ricami d’oro e d’argento, di una decina di pianete d’ogni sorta, un calice dorato, tovaglie, candelieri d’ottone e di legno dorato, l’uso dei paramenti color nero e morello, e l’indicazione di “un quadro di Pittura di Sant Fermo” come quella di “un quadro di Pittura della Madonna con Cristo in braccio morto”. La deduzione è quella che, nella zona del palchetto o matroneo, prolungamento della navata laterale sinistra, si trovasse la sacrestia, unico punto fruibile e funzionale per la conservazione degli arredi e dei paramenti. Nel 1703 veniva annotato che “Sul campanile di detta chiesa vie (sic) una campana del peso pesi cinque libre […] quale fu fatta rifare l’anno mille seicento ottantatre a motivo d’essere rotta fu accresciuta di metallo…” (Ibidem). L’elenco delle spese per i materiali della fabbrica della Chiesa de Rino che vanno dal 1733 al 1737 denotano come vi sia stato un intervento, non solo di ristrutturazione, ma un rifacimento radicale che ha condotto allo stilema settecentesco della conformazione architettonica attuale, come è dimostrato da una bellissima mappa acquerellata del 1770. Volendo identificare a tutti i costi un incontro tra l’arte d’oltralpe e quella lombarda, una serie di “congiunture figurative” tra Italia ed Europa, non era stato improbabile trovarlo nel dipinto con l’Adorazione dei Pastori (Roberto Consolandi 2009, pp. 6-8), nella zona presbiteriale del Santuario della Beata Vergine del Rino di Villagana, a due passi dalla sponda cremonese, quando lo storico dell’arte Roberto Consolandi scoprì che il pittore si era rifatto ad una xilografia di Giovanni Britto su invenzione di Tiziano. La tavola prototipo, commissionata a Tiziano nel 1532 da Francesco della Rovere, era citata nel 1652 nel Guardaroba di Vittoria della Rovere. Nel 1694 veniva trasferita nell’appartamento del gran principe Ferdinando a palazzo Pitti, dove tutt’ora è conservata (Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Firenze, N. Cat. 00295792. Inventario Palatina, n. 423/1912). Un’altra versione si trova nella collezione Christ Church, all’Università di Oxford (Collection: Christ Church, University of Oxford, JBS 79). Si diceva che il dipinto de l’Adorazione dei Pastori si colloca nella stagione di Alfonso Martinengo. La storia si fa intrigante. Bartolomeo III Martinengo, conte di Villachiara, forse nel 1516, sposa Rizzarda d’Este, cugina del duca di Ferrara Alfonso d’Este. Nel 1527 Rizzarda Villachiara da Este giunge in Lombardia “colla famiglia e robe sue” e sosta probabilmente a Mantova (Paolo Zanoni 2010, pp. 18-19). Alla raffinata corte gonzaghesca il marchese Francesco II e la moglie Isabella d’Este, fra le dame più colte del Rinascimento, sorella di Alfonso e di conseguenza cugina di Rizzarda, si circondano – fra studioli, grotte, giardini segreti e gallerie – di artisti della statura di Andrea Mantegna, Pietro Perugino, Lorenzo Costa, Giulio Romano, prefetto delle fabbriche e allievo di Raffaello, e tanti altri. Ma è un altro testamento che mi preme ricordare, quello di Alfonso I Martinengo di Villagana, secondogenito di Rizzarda d’Este, testato in data 28 Ottobre 1575 dal notaio bresciano Alfonso Brognoli, dove si scrive con una certa apprensione del Rino e del suo patrimonio artistico ereditato: … Un quadro del Ritratto fatto per l’eccellentissimo sr Ticiano Vecchio da Cadoro, nel quale vi e il sudetto sr Conte in piedi armato con curacina guarnita di veluto cremesino, con le maniche forte con una Venere nuda, un Cupido et un cane bianco pezzato, con il quadro à Paesi, un altro quadro del sudetto sr Ticiano con il ritratto d’esso sr Conte dal ginocchio in suso con una veste di Damasco, berettino fodrata de lupi cerveri, un quadro miniato d’oro à bronzo di Ms [Andrea Mantegna Matuano] Raffael d’Urbino, qual ha d’un capo la testa di Vergilio in vaso, et dall’altro la testa del Reverendo frate Battista Mantovano con un Marte nudo, un quadretto d’una nostra Donna miniato mano d’Alberto Duro di Norimberga … (ASBs, Notarile Brescia, not. Brognoli Alfonso, IV, 1573 - 1576 , f. 3179). E non ci si spingerebbe troppo in là, come scrive Giovanni Agosti riguardo al collezionismo bresciano, «se si facesse un cenno al testamento di Alfonso Martinengo di Villachiara, 1575, che raccomandava ai propri eredi di non vendere in alcun modo «uno quadro miniato d’oro a bronzo di Messer Andrea Mantegna Mantuano, qual ha d’un capo la testa di Vergilio in vaso, et dall’altro la testa del Reverendo frate Battista Mantovano con un di Marte nudo». […] Il testimone più antico, e più aderente all’originale, di questa invenzione mantegnesca, dall’iconografia tanto complicata, è un bel foglio ad acquerelli colorati (blu, azzurro, nero) che mi è capitato di rintracciare agli Uffizi, in mezzo ai disegni del vicentino Benedetto Montagna per la giovane Isabella d’Este” (Giovanni Agosti 2005, p. 81, pp. 100 -101, note 48, 49, 50; Roberto Consolandi 2015, pp. 22-24). Anche il furto della campana ha dato origine ad una curiosa leggenda. Si narra che presso il Santuario della Beata Vergine del Rino, dedicato a Maria nascente, nella conca del Gambalone immerso nel bosco di Villagana, i ladri, “forse provenienti dal cremonese, spaventati dall’irresistibile peso assunto dal sacro bronzo, abbandonarono la sacrilega impresa. Da allora chi passa da queste parti alla mezzanotte di Natale può sentire i rintocchi della campana provenire dalle viscere della terra dove essa è sprofondata” (Paolo Zanoni 2002, p. 310).

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Gli inediti si sono potuti consultare grazie alla gentile concessione: L’Archivio Martinengo Villagana dell’Avv. Arnaldo Martinengo Villagana Palatino di Villachiara Ragazzoni. Cfr. L’Archivio Martinengo Villagana. Notizia e inventario a cura di Giuseppe Bonelli, Tipografia Morcelliana, Brescia 1951, n. 53, pp. 41-42. Cfr. L’Archivio Martinengo Villagana. Notizia e inventario a cura di Giuseppe Bonelli, Tipografia Morcelliana, Brescia 1951, n. 53, pp. 41-42. Dal Faldone Per la Beata Verdine del Rino in Villagana. Inventari e Capitali, in data 27 marzo 1692 si elencano nell’Inventario della robba di ragione di santa Maria del Rio consegnato dall’Ill. mo Sig. Co: Bartolomeo Martinengo à Frate Pietro Eremita, Due telle Una da coprire l’imagine, e l’altra l’Altare […] Due quadri di pittura Uno con l’Imagine della Vergine con corniseta, e l’Altro con l’Imagine di San Firmo con cornice un pocho adorata. Conte Mauro Medolago Martinengo Villagana per aver messo a disposizione il proprio Archivio: Mons. Luigi Fé d’Ostiani, Albero Genealogico della Nob. Fam. de Conti Martinengo Villachiara e Villagana; Culto Chiesa e Cappella Villachiara e Villagana.

ASBs (Archivio di Stato di Brescia), Fondo Notai di Brescia, Longhena Baldassare p. Giacomo Villachiara, II, 1539-1571, Busta 583.

ASBs, Notarile Brescia, not. Brognoli Alfonso, IV, 1573 - 1576, f. 3179. Il prezioso documento l’ho rivisto personalmente il 18 dicembre del 2014 presso l’Archivio di Stato di Brescia, grazie alle ricerche precedenti effettuate da Camillo Boselli e Giovanni Agosti. Cfr. Camillo Boselli, Asterischi bresciani: due ritratti tizianeschi, un monocromo del Mantegna ed una Madonna del Dürer, in «Arte Veneta», XXXIII, 1979, pp. 159-160; cfr. Giovanni Agosti, Su Mantegna I. La storia dell’arte libera la testa, op. cit., p. 81, pp. 100 -101, note 48, 49, 50.

BQBs (Biblioteca Civica Queriniana di Brescia), Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9

AVBs (Archivio Vescovile di Brescia), Visite pastorali, M. Giorni, 7 maggio 1610, Vol. 15, 277. AVBs (Archivio Vescovile di Brescia), Visite pastorali, G. M. Nava, 18-19-20 aprile 1815, Vol. 92/9, 30. IV. 9

Tiziano, Adorazione dei Pastori, Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Firenze, N. Cat. 00295792. Inventario Palatina, n. 423 (1912). http://www.polomuseale.firenze.it/catalogo/scheda.asp https://artuk.org/discover/artworks/the-adoration-of-the-shepherds-229320 The Adoration of the Shepherds by Titian (possibly) Oil on panel, 93.7 x 112 cm. Collection: Christ Church, University of Oxford. JBS 79

1620 Ottavio Rossi, Elogio Historici di Bresciani Illustri, 1620, Arnoldo Forni Editore, Sala Bolognese 1981, p. 405. Cfr. B. Zamboni, La libreria Martinengo, 1778, pp. 115-116.

1930 Paolo Guerrini, Una celebre familglia lombarda. I conti di Martinengo. Studi e ricerche, Tipo-Litografia F.lli Geroldi, Brescia 1930, p. 473.

1960 Camillo Boselli (a cura di), Il giardino della pittura: manoscritti Queriniani G. 4. 9 e Di Rosa 8 [di] Francesco Paglia, a cura di Camillo Boselli. VoI. II. «Commentari dell’Ateneo di Brescia» per l’anno 1958, Atti della fondazione “Ugo da Como”, Tipografia Fratelli Geroldi, Brescia 1960, pp. 11, 13-14.

1997 Paolo Zanoni (a cura di), Parrocchia di Santa Chiara. La chiesa Parrocchiale di Villachiara nel 50° della consacrazione (1947-1997), Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (BS) 1997, pp. 63-65.

2002 Paolo Zanoni, Villagana. Dove volava l’aquila dei Martinengo, Comune di Villachiara, Tipografia Editrice Lumini, Travagliato (Brescia) 2002, pp. 309-312.

2005 Giovanni Agosti, Su Mantegna I. La storia dell’arte libera la testa, Feltrinelli, Milano 2005.

2009 Roberto Consolandi, Tiziano allo specchio. “L’adorazione dei pastori” presso il Santuario della Beata Vergine del Rino di Villagana, in «Notiziario Amministrativo», Comune di Villachiara, maggio 2009, pp. 6-8.

2010 Paolo Zanoni, Il Mantegna ed il Tiziano dei Martinengo di Villagana, in «Notiziario Amministrativo», Comune di Villachiara, dicembre 2010, pp. 18-19.

2015 Roberto Consolandi (a cura di) Albrecht Dürer. I simulacri della memoria. Opere a confronto, con la collaborazione di Maurizio Mondini, catalogo della mostra (Orzinuovi-Brescia, Rocca San Giorgio, 29 agosto-29 novembre 2015) Compagnia della stampa Massetti Rodella, Roccafranca (BS) 2015, pp. 22-24.

Approfondimento

Kajal Suman

Endri Hallulli
Kamaljeet Kaur
Aurora Magri

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6. Palazzo Martinengo Belleò di Bompensiero, secolo XVI

Il luogo, denominato Leon, è evidenziato nella Galleria delle Carte Geografiche dello Stato Pontificio. Ribattezzato «Fontana Belleò», secondo la dizione francese della reggia di Fontainebleau – in italiano arcaico Fontanableò, dal Vasari, o Fontebellacqua –, è rievocato come Fontana Bleo da Domenico Codagli nel 1592. Con la stessa derivazione Bonpensier fa pensare a Montpensier ed ai rapporti con il Regno di Francia che questo ramo dei Martinengo ebbe tramite gli Este ed i Farnese. Qui dimorava Paolo Emilio, figlio di Enea Martinengo di Villachiara, che acquisiva la proprietà il 31 marzo 1565: sposato con Laura Gonzaga, figlia del Marchese Massimiliano Gonzaga di Vescovato, ebbe una numerosa prole. Questa incantevole “foresta”, lambita dal fiume Oglio, era riserva di caccia di varie famiglie Martinengo. Un richiamo alla civiltà classica viene da Francesco Paglia nel Giardino della Pittura che descrive il ciclo dipinto dai Campi di Cremona 12367. In loco “Fontanebellio” vi era la cappella privata dei Martinengo di San Girolamo ricordata negli atti della visita del Vescovo Marino Giorgi del 1600 e nel 1663 dal Card. Pietro Ottoboni. Sigismondo, l’ultimo dei figli di Paolo Emilio, con la moglie Camilla ebbe cinque figli. Il primogenito, Paolo Emilio, sposò Francesca Martinengo e non avendo eredi nel 1649 legava i suoi beni con testamento al nipote Sigismondo Ponzoni da Cremona, figlio di sua sorella Olimpia e di Nicolò Ponzoni. La “cascina-palazzo” 45 passò dai Ponzoni ai Borgondio, poi fu acquisita forse da altri per giungere ai Provezza nella seconda metà dell’800. Seguirono nel Novecento i Roncali e infine, intorno al 1936, i Calzoni di Milano che tutt’ora la conservano.

L’apparato iconografico che decora il palazzo immerso nella deliziosa campagna riporta all’ambito figurale cremonese. L’ameno luogo, denominato Leon, è ben evidenziato insieme alle sedi Martinenga, Bonpensier e Villagana, nella Galleria delle Carte Geografiche dello Stato Pontificio, fatta dipingere da Greogorio XIII, tra il 1580 e il 1583 sui cartoni di Ignazio Danti; fra i pittori coinvolti vi era Girolamo Muziano di Acquafredda. Ribattezzato «Fontana Belleò», secondo la dizione francese della reggia di Fontainebleau – in italiano arcaico Fontanableò, dal Vasari, o Fontebellacqua –, è rievocato come Fontana Bleo da Domenico Codagli nel 1592 (Domenico Codagli 1592, p. 6; cfr. Fausto Lechi 1974, p. 399). La stessa derivazione Bonpensier fa pensare a Montpensier ed ai rapporti con il Regno di Francia che ebbe questo ramo dei Martinengo tramite gli Este ed i Farnese. Il ciclo pittorico riflette, oltre ai condizionamenti estensi, anche quelli dell’area emiliana del Parmigianino e del Primaticcio e la relazione culturale fra i Campi e l’École di Fontainebleau di Francesco I, presente a Torre Pallavicina, e fa degli affreschi di questo contado un esempio di manierismo europeo. Nitidi sono il risveglio, la metamorfosi, la rinascita della natura in un luogo dove regnava sovrano il silenzio. Qui dimorava Paolo Emilio, figlio di Enea I e fratello di Marcantonio, che come lui seguì la carriera militare e fu generale di fanteria in Dalmazia, che acquisiva la proprietà con un atto del 31 marzo 1565: sposato con Laura Gonzaga, figlia del Marchese Massimiliano Gonzaga di Vescovato, ebbe una numerosa prole (Vincenzo, Tito, Olimpia, Enea, Rizzarda, Sigismondo, Massimiliano). Delle due femmine Olimpia andò sposa al conte Niccolò Maffei di Mantova e Rizzarda sposò il conte Camillo Giovanni Antonio Martinengo Cesaresco. Enea II ebbe soltanto i due figli Francesco e Bartolomeo che non lasciarono discendenti. Morirono celibi Vincenzo e Massimiliano. Tito, come scrive Paolo Guerrini, «entrò fra i Benedettini Cassinesi del monastero di S. Eufemia in Brescia col nome di Don Tito Prospero, e divenne famoso per la sua grande cultura nelle lettere greche e latine, per la erudizione larghissima e la esimia pietà. Le numerose sue opere lo collocano degnamente fra i più grandi ingegni che onorarono le lettere classiche nel Cinquecento; la sua vita e la sua opera potrebbero prestare argomento per una larga visione degli studi umanistici di tendenza cattolica nel tramonto dell’umanesimo» (Paolo Guerrini 1930, pp. 493-494; cfr. Franco Marcoaldi, a cura di, 1988, pp. 70-71). Bellissima è anche la descrizione di Giovanni da Lezze nel segnare i confini dello Stato di Milano lambiti dal fiume Oglio e nel definire i Porti: “e così continuando il fiume tra quelle Rive si viene a Soncino, dove è un Porto in luogo di un Ponte, che prima si trovava vicino alla fortezza delli Orzi novi, et da li discendendo si viene a Barco, Martinengo, Fontana Belliò, Buonpensiero, dove c’è il Porto proprio di quei Signori Conti di detto luogo al dirimpetto di una terra Cremonese detta Campagna discosta dal fiume circa dui miglia, et da Zenivolta pur Cremonese un miglio, e mezzo” (Giovanni da Lezze 1973, p. 416). I porti di Bompensiero e Villagana risultano denunciati nelle polizze d’estimo del 1580. Il primo, descritto dal Lezze come sito «dirimpetto diuna terra Cremonese detta Campagna», passò nel corso del Seicento alla nobile famiglia bresciana dei Borgondio; il secondo era invece posto di fronte al comune cremonese di Azzanello e, stando alla polizza d’estimo del 1723, «si spende a mantenerlo quanto si cava d’affitto per essere transito fuori mano». A Castelvisconti vi era un porto che almeno dal 1507 apparteneva alla chiesa di Santa Maria della Scala di Milano. Il traghettatore doveva trasportare gratuitamente gli abitanti del comune bresciano di Acqualunga (BQBs Federico Mazzuchelli 1742, ms. De Rosa 101, c. 82 r.; Sergio Onger 2011, p. 19, Cfr. Paolo Zanoni 1993, p. 218). Questa incantevole “foresta”, lambita dal fiume Oglio sino al Castello di Urago, era riserva di caccia di varie famiglie Martinengo. Un richiamo alla civiltà classica, all’arcadia, viene da Francesco Paglia nel Giardino della Pittura: «A’ Bonpensiero poco distante dalla Villa, alla’ foresta trovasi un bellissimo logo chiamato Fontana Belliò il di cui logo è tutto dipinto dalli Campi di Cremona e in particolar sotto la Porta amirasi varj corpi nudi con intrecciamenti di frutti, fogliami e bambini con varj ucelli, ed altre bizzarie così ben accordate ed unicamente colorite, che rendono meraviglia a’ chiunque li mira. Segue in prima stanza a’ sinistra del portico, un bel gruppo istoriato con Orfeo, che con la sua dolce lira, e soave suono raduna a’ se ogni stirpe di Animali molto ben fatto, con fregio attorno di alcune Arpie, che porgono molti frutti in capricciosa maniera formata dal Fasolo, ed il residuo delle pareti fingono essere una cedrera di limoni ed aranci, interciatamente colorita con bella bizzaria le altre stanze poi superiori veggonsi dipinte di drappi d’oro riccamati con freggi di putttini in varj modi scherzanti tra’ fogliami, e carteloni unicamente dissegnati, e ottimamente coloriti dalli sopradetti Campi di Crem.a» (Ms. Queriniana A. IV. 9; 1959; cfr. Camillo Boselli, a cura di, 1960, pp. 11-12). La rievocazione del Paglia alla maniera capricciosa di Antonio Fasolo che visse e operò a Vicenza non è un caso, e tutta da scoprire. In loco “Fontanebellio” vi era la cappella privata dei Martinengo di San Girolamo ricordata negli atti della visita del Marino Giorgi del 1600 e nel 1663 dal Car. Pietro Ottoboni, futuro Papa Alessandro VIII. Sigismondo, penultimo dei figli di Paolo Emilio, con la moglie Camilla ebbe cinque figli (Olimpia, Paolo Emilio, Giovanni Vincenzo, Enea). Il secondogentito Paolo Emilio, sposò Francesca Martinengo e non avendo eredi nel 1649 legava i suoi beni con testamento al nipote Sigismondo Ponzoni da Cremona, figlio di sua sorella Olimpia e di Nicolò Ponzoni. La “cascina-palazzo” – di Fontana Bella con ponte e porto a Bon Pensier (Vincenzo Coronelli, Mappa “Bresciano / Parte Meridionale”, 1689, in Giovanni Liva 1999, pp. 169-185.) –, passò dai Ponzoni ai nobili Ottavio e Giuseppe Borgondio di Brescia con atto notarile il 14 maggio del 1700. Solo agli inizi dell’Ottocento le proprietà di Bompensiero, per successione, passarono fra le mani del colonello Giovanni De Tonduti e, poi, ai Vertua di Quinzano d’Oglio. L’ultima esponente di questa famiglia, Giuditta, fu Gian Francesco, maritata Nember, alienò i beni alla contessa Luigia Martinengo Villagana, con atto del 26 novembre 1919 (Paolo Zanoni 1997, pp. 72-73). Si giunse ai Provezza, proprietari nel 1883 del Belleò, seguirono nel Novecento i Roncali e infine, intorno al 1936, i Calzoni di Milano (Paolo Zanoni 1997, p. 269; Paolo Zanoni 2010) che tutt’ora la conservano con dedizione. Oggi il palazzo è campito esternamente da una tinta uniforme rosso veneziano; il portico è scialbato da un color terra di Siena ed appaiono lacerti di grottesche con un repertorio di mascheroni, fanciulli ignudi e variopinti uccelli intrecciati fra di loro in motivi ornamentali, e tralci disposti in volute con fantastiche inflorescenze e frutti; nella sala dedicata ad Orfeo sono emersi dai tasselli stratigrafici, sugli sgusci del soffitto bellissimi volti di Arpie e di “amorini” con fiori fra i capelli. La grande sala al piano superiore è ancora intatta: è un intrigo di racemi e ramificazioni speculari e di putti scherzanti in aggetto sulla fascia alta. La natura entra nella sala attigua all’androne, da poco restaurata, e avvolge e ricama la superficie della volta: è un’interfaccia tra la natura reale e lo stupore dell’arte, a due passi dai campi e sulle tracce dell’antica Roma. “Si viene al Beleò e si ritorna” cita il motto ospitale della solitaria dimora. L’agronomo Agostino Gallo ne Le Vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa scriveva: «Medesimamente chi spinge i Signori di Roccafranca, di Barco, di Villachiara, di Virola, di Pralboino, & i Magnifici Cavalieri, con tanti altri nobili, à viver di continuo alle loro Ville? Se non che per esperientia veggono che ivi godono altra maniera di libertà, altra sorte di piaceri, & altra qualità di delitie, che non sono quelle che trovar si possono nella nostra Città: La quale, per esser piena di littigi, & di travagli, non è più quella ch’era nel felice tempo de’ nostri avoli, & bisavoli; i quali, con la loro disciplina, erano cagione, che ciascuno stimava non esser’altro maggior tesoro, che la pace, la carità, & la fede» (Agostino Gallo 1572, p 350).

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Si ringrazia il Conte Mauro Medolago Martinengo Villagana per aver messo a disposizione il proprio Archivio: Mons. Luigi Fé d’Ostiani, Albero Genealogico della Nob. Fam. de Conti Martinengo Villachiara e Villagana; Culto Chiesa e Cappella Villachiara e Villagana.

BQBs (Biblioteca Civica Queriniana di Brescia) Federico Mazzuchelli, ms. De Rosa 101 BQBs, Francesco Paglia, Il giardino della pittura, MS. A. IV. 9

AVBs (Archivio Vescovile di Brescia), ora ASDBs (Archivio Storico Diocesano di Brescia): 1600, 24-25 nov. VP. 36 Vescovo: Marino Giorgi (I-II); Visitatore: Marino Giorgi ff. 46-48. 1663, 12 ott. VP. 69 Cardinale Pietro Ottoboni (II); Visitatore: Cardinale Pietro Ottoboni. ff. 225 v., 226 r. v. Villachiara.

1572 Agostino Gallo, Le Vinti giornate dell’agricoltura et de’ piaceri della villa, In Venetia: appresso Camillo, & Rutilio Borgomineri fratelli, al segno di San Giorgio, 1572, p 350.

1592 Domenico Codagli, L’historia orceana / del R.P.F. Domenico Codagli, predicatore; nella quale si trattano le guerre et le cose auuenute in questa sua patria, ch’ abbracciano quasi dua milla anni…; aggionteui due annotationi vna copiosissima tauola delle cose piu notabili, gl’argomenti a ciaschedun libro et le postille a luoghi debiti, in Brescia, appresso Gio. Battista Borella, 1592, p. 6.

1742 Federico Mazzuchelli, Relazione storica, politica, economica, topografica del fiume Oglio, e suo corso, di dominio o, e raggione della Città di Brescia, nella quale si esaminano li porti, ponti, passi, molini, navigli seriole, nasse, pesche e travate, le paci, privileggi, ... estetsa l’anno MDCCXLII dal zelo, et applicazione del conte e cavaliere Federico Mazzucchelli uno de deputati al fiume medesimo, et a confini, Brescia 1742, in Biblioteca Queriniana, Brescia, ms. De Rosa 101, c. 82 r., c. 83 r e v., c. 84. v.

1973 Il Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze, (1609-1610) nell’esemplare queriniano H.V. 1-2, Vol. III, Apollonio, Brescia 1973, p. 416.

1988 Franco Marcoaldi (a cura di), Un paese, la sua famiglia: i Martinengo di Villachiara. Con 50 illustrazioni dei monumenti e del territorio, introduzione di Giulio Sapelli, cassa rurale ed artigiana di Borgo San Giacomo, Grafica G.M., Spino d’Adda, Cremona 1988, pp. 32-34.

1930 Paolo Guerrini, Una celebre Famiglia Lombarda. I Conti Martinengo. Studi e ricerche genealogiche, Tipo-Litografia F.lli Geroldi, Brescia 1930, 493-494

1960 Camillo Boselli (a cura di), Il giardino della pittura: manoscritti Queriniani G. 4. 9 e Di Rosa 8 [di] Francesco Paglia, a cura di Camillo Boselli. VoI. II. «Commentari dell’Ateneo di Brescia» per l’anno 1958, Atti della fondazione “Ugo da Como”, Tipografia Fratelli Geroldi, Brescia 1960, pp. 11-12.

1974 Fausto Lechi, Villachiara. Palazzo Martinengo detto «Fontana Belleò», in Fausto Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, Volume quarto. Il Cinquecento nel territorio, Edizioni di Storia Bresciana, Brescia 1974, pp. 398-399.

1993 Paolo Zanoni, Villachiara e le sue cinque contrade. Storia della “parrocchia faticosa” di Santa Chiara, Tipografia Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (Brescia) 1993, pp. 129-132, 218.

1999 Giovanni Liva, La cartografia dell’Oglio nei secoli XV-XVIII, in Carla Baroni, Sergio Onger, Maurizio Pegrari (a cura di), Rive e rivali. Il fiume Oglio e il suo territorio, La Compagnia della Stampa, Roccafranca (BS) 1999, pp. 169-185.

2008 Valeria Leoni e Matteo Morandi (a cura di), Archivio ala Ponzone. Inventario. Archivio di Stato di Cremona, Cremona 2008, p. 28 https://docplayer.it/50056616-Archivio-di-stato-di-cremona-archivio-ala-ponzone-inventario-a-cura-di-valeria-leoni-e-matteo-morandi.html 19. “Cassetta I, capitolo secondo, n. 10. Testamento”. “Recognizione del testamento ... [del] conte Paolo Emilio Martinenghi di Villachiara ... [con il quale] instituì suo erede universale ... il ... conte Sigismondo Ponzoni cittadino di Brescia e nobile Cremonese ... Et in caso che l’instituzioni o sostituzioni non sortissero il loro effetto, in tal caso instituì suo erede universale l’Ospitale Maggiore di Brescia ... Si ritrova entro il detto testamento una fede ... qualmente il prefato conte Ponzoni fu istituito erede universale del suddetto signor conte Paolo Emilio Martinenghi. V’è parimenti la fede del mortorio di detto testatore”. 1649 luglio 24. Atti uniti 1652 luglio 22, 1659 gennaio 15. Fascicolo cartaceo, cc. 12, di cui bianca c. 1.

2010 Paolo Zanoni, La sconosciuta Fontainebelau in riva all’Oglio, fotografie di Luciano Zanoni, 26 agosto 2010 villachiaranews, https://villachiaranews.wordpress.com/2010/08/26/la-sconosciuta-fontainebelau-in-riva-alloglio/

2011 Sergio Onger, Una provincia operosa. Aspetti dell'economia bresciana tra XVIII e XX secolo, Franco Angeli, Milano 2011, p. 19. https://www.francoangeli.it/Area_PDFDemo/1573.398_demo.pdf

Approfondimento

Mensi Chiara

Endri Hallulli
Adelina Mustafa
Giorgia Pezzotti
Veronica Pola

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3 (Particolari)

3 (Particolari)

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7. Chiesa di Bompensiero, secoli XVII-XX

La chiesa originaria fu costruita dopo la peste del 1630 forse per un voto fatto dal conte Vincenzo Martinengo del Belleò il quale disponeva, con il testamento del 1636, della celebrazione di messe nei giorni festivi, di tenervi la Dottrina e di mantenervi un cappellano. Non avendo figli, lasciava tutte le sue sostanze al nipote Paolo Emilio II che recepiva l’insegnamento dello zio paterno e, anch’egli senza eredi, legava i suoi beni, nel 1649, al nipote Sigismondo Ponzoni, concedendo terreni agli Spedali Civili di Brescia. La chiesa, intitolata a S. Vincenzo e la cui costruzione era da poco ultimata, venne ricordata per la prima volta nella visita pastorale del 1663 dal Cardinale Pietro Ottoboni. Nella visita pastorale del 1669 il Vescovo Marino Giovanni Giorgi ordinava che fosse fornita la pala d’altare: è probabile che il dipinto provenisse dall’Oratorio del Belleò. La tela raffigura la Madonna che offre il Bambino ai SS. Girolamo, Francesco d’Assisi e Chiara. San Girolamo mostra un libro aperto con scritto MEMENTO DIEM MORTIS TUAE ET NON PECCABIS (Ricordati il giorno della tua morte e non peccherai). Su due cartigli appaiono le scritte: BEATI PAUPERES SPIRITU QUONIAM IPSORUM EST REGNUM CELERUM [sic] (Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli) e BEATI MUNDAE CORDE QUONIAM IPSI DEUM VIDEBUNT (Beati i puri di cuore poiché essi vedranno Dio) 3. Nel 1703 il Cardinale Dolfin constatava che si continuava a tenere la messa quotidiana e ad ogni festa si praticava la Dottrina Cristiana. La chiesetta, passata di proprietà ai Ponzoni e ad altri, divenne nel 1919 patrimonio della contessa Luigia Martinengo Villagana che la cedette al parroco di Villachiara, don Stefani, nel 1922. Nel 1926 se ne costruì una nuova e parte dell’antica venne trasformata in sagrestia 12; la benedizione avvenne nel 1927 e fu posta sull’altare la statua di S. Vicenzo martire 7. Il nuovo campanile risale al 1968. Sono ora presenti nella chiesa due opere del primo ’600 che raffigurano i SS. Pietro e Andrea 4 e San Vittore 5. A Bompensiero nella notte della vigilia del giorno di S. Vincenzo, il 22 gennaio, si accendono falò per esorcizzare l’inverno e propiziare la primavera.
6 Decorazione del soffitto della zona presbiteriale col simbolo dello Spirito Santo, sec. XX
8 Portello del tabernacolo policromo dell’altare con l’emblema dell’Agnus Dei (Agnello di Dio), sec. XIX

La chiesa originaria fu costruita dopo la peste del 1630 forse per un voto fatto dal conte Vincenzo Martinengo del Belleò il quale disponeva, con il testamento del 1636, della celebrazione di messe nei giorni festivi, di tenervi la Dottrina e di mantenervi un cappellano. Non avendo figli, lasciava tutte le sue sostanze al nipote Paolo Emilio II che recepiva l’insegnamento dello zio paterno e, anch’egli senza eredi, legava i suoi beni, nel 1649, al nipote Sigismondo Ponzoni, concedendo terreni agli Spedali Civili di Brescia. La chiesa, intitolata a S. Vincenzo e la cui costruzione era da poco ultimata, venne ricordata per la prima volta nella visita pastorale del 1663 dal Cardinale Pietro Ottoboni. Nella visita pastorale del 1669 il vescovo Marino Giovanni Giorgi ordinava che fosse fornita la pala d’altare: è probabile che il dipinto provenisse dall’Oratorio del Belleò. La tela raffigura la Madonna che offre il Bambino ai SS. Girolamo, Francesco d’Assisi e Chiara. San Girolamo mostra un libro aperto con scritto MEMENTO DIEM MORTIS TUAE ET NON PECCABIS (Ricordati il giorno della tua morte e non peccherai). Su due cartigli appaiono le scritte: BEATI PAUPERES SPIRITU QUONIAM IPSORUM EST REGNUM CELERUM [sic] (Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli) e BEATI MUNDAE CORDE QUONIAM IPSI DEUM VIDEBUNT (Beati i puri di cuore poiché essi vedranno Dio). Nel 1703 il Cardinale Dolfin constatava che si continuava a tenere la messa quotidiana e ad ogni festa si praticava la Dottrina Cristiana. Una nota contenuta nel sommario allegato al Catasto Austriaco del 1852 menziona il sacello come «Oratorio privato di Bompensiero sotto il titolo di S. Vincenzo Ferrerio aperto al culto pubblico» (Paolo Zanoni 1997, p. 67). La chiesetta, passata di proprietà ai Ponzoni, ai Borgondio, al col. De Tonduti, a Giuditta Vertua Nember divenne patrimonio della contessa Luigia Martinengo Villagana con rogito del notaio Pavoni il 26 novembre del 1919, che la cedette al parroco di Villachiara, don Stefani, con atto notarile del 7 dicembre nel 1922 (Paolo Zanoni 1993, p. 131). Nel 1925 l’avventuroso Don Stefani, saputo che ad Acqualunga era in vendita dalla ditta Meccanurgica uno stabile dismesso di concimi pensò bene di acquistarlo. L’intrepido sacerdote si mise subito all’abbattimento degli edifici per recuperare i materiali edili, alcuni dei quali vennero riutilizzati per la costruzione del nuovo asilo di Villachiara ed altri furono necessari per l’erezione della nuova chiesa di Bompensiero che stava sorgendo nel 1926 accanto a quella antica; parte di questa venne trasformata in sagrestia. La prima chiesa era orientata su un asse est-ovest, mentre l’attuale facciata è rivolta verso nord. La solenne benedizione avvenne nel 1927 da parte di mons. Rovetta e fu posta sull’altare la statua di S. Vicenzo martire. Nel 1930 venne a mancare don Stefani. Rimaneva ancora aperta la questione con l’Ospedale Civile di Brescia; sebbene gli amministratori avessero in precedenza offerto una somma a don Stefani per liberarsi, sistemare ed affrancarsi gli obblighi risalenti al testamento del 24 luglio 1649, la curia si oppose. Il nuovo parroco don Angelo Spinoni nel 1934 informava i superiori sullo stato della chiesa di Bompensiero facendo sapere che l’ampliamento era stato compiuto, ma abbisognava di tutto l’arredo interno e che ogni giorno festivo dell’anno si provvedeva a celebrare la messa, senza compenso: la chiesetta, “essendovi raggruppate 400 persone” non poteva rimanere senza un servizio religioso. Nel 1941 venne risolta la vertenza con l’Ospedale Civile di Brescia mediante “la cessione di titoli” da parte di questo alla Promotoria Curiale della Diocesi. Nel 1948, Angela e Maria Stefani, che avevano ereditato la chiesa dallo zio, la donarono alla Parrocchia di Villachiara con atto del 27 aprile 1950 del notaio Carlo Arici. Don Angelo Spinoni, rappresentante della Fabbriceria, accettava la donazione” (Paolo Zanoni 1993, pp. 129-132). Il nuovo campanile risale al 1968. Sono ora presenti nella chiesa due opere del primo ’600 che raffigurano i SS. Pietro e Andrea e San Vittore. La chiesa sussidiaria di Bompensiero dedicata al giovane diacono spagnolo di Hesca, vittima della persecuzione messa in atto dall’Imperatore Diocleziano nel 304, rivive il suo atto d’amore per Cristo nella notte della vigilia del giorno di S. Vincenzo martire, il 22 gennaio: si accendono i falò per esorcizzare l’inverno e propiziare la primavera.

* L’approfondimento è stato coadiuvato dal Prof. Roberto Consolandi

Bibliografia essenziale:

Le ricerche sulla costruzione originaria della chiesa di Bompensiero sono ancora in atto. Alcuni indizi fanno pensare che sia stata eretta prima del 1630. Solo attraverso dei documenti certi si potrà datare la sede primitiva. Ancora sono da esaminare: 3. Eredità Martinengo. Documenti diversi, raccolti in fascicolo corredato da indice, relativi ai beni dei Martinengo, in particolare in Bompensiero e Cremona. 1608-1686. Allegato1556 Fascicolo cartaceo. Cfr. Valeria Leoni e Matteo Morandi (a cura di), Archivio ala Ponzone. Inventario. Archivio di Stato di Cremona, Cremona 2008, p. 165.

AVBs (Archivio Vescovile di Brescia), ora ASDBs (Archivio Storico Diocesano di Brescia): 1600, 24-25 nov. VP. 36 Vescovo: Marino Giorgi (I-II); Visitatore: Marino Giorgi ff. 46-48. 1663, 12 ott. VP. 69 Cardinale Pietro Ottoboni (II); Visitatore: Cardinale Pietro Ottoboni. ff. 225 v., 226 r. v. Villachiara.

1916 Giuseppe Bonelli, L’Archivio dell'Ospedale di Brescia. Notizia e Inventario, Tipografia Pio Istituto Pavoni, Brescia 1916.

1988 Franco Marcoaldi (a cura di), Un paese, la sua famiglia: i Martinengo di Villachiara. Con 50 illustrazioni dei monumenti e del territorio, introduzione di Giulio Sapelli, cassa rurale ed artigiana di Borgo San Giacomo, Grafica G.M., Spino d’Adda, Cremona 1988, pp. 70-71.

1993 Paolo Zanoni, Villachiara e le sue cinque contrade. Storia della “parrocchia faticosa” di Santa Chiara, Tipografia Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (Brescia) 1993, pp. 129-132, 218.

1997 Paolo Zanoni (a cura di), Parrocchia di Santa Chiara. La chiesa Parrocchiale di Villachiara nel 50° della consacrazione (1947-1997), Puntostampa Riccardi, Orzinuovi (BS) 1997, pp. 65-69.

2007 Antonio Fappani, Villachiara, Villagana, in Enciclopedia Bresciana, Vol. XXI, “La Voce del Popolo”, Fondazione “Opera Diocesana San Francesco di Sales, Brescia 2007, pp. 139, 142.

2014 Paolo Zanoni, Le Martinenghe di Villachiara: dal monastero di Ripalta alla grande cascina, 2014.

Piano di Governo del Territorio del Comune di VillachiaraDocumento di Piano – Quadro conoscitivo e orientativo del territorio Comunale https://www.comune.villachiara.bs.it/sites/default/files/IMCE/qct_4_bompensiero.pdf

Approfondimento

Mensi Chiara

Alessia Rasca
Stefano Turchi

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TRADUZIONI / AUDIO

Stefania Bocchi, Italiano-Inglese
Cristiana Carapezza, Francese
Anna Toninelli, Spagnolo

REVISIONI TESTI

Sarah Albertini

CREDITI FOTOGRAFICI

BRESCIA, Archivio Fotografico Musei d’Arte e Storia di Brescia, Piera Tabaglio
BRESCIA, Fotostudio Rapuzzi
BRESCIA, Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Brescia
CREMONA, Elisabetta Attorrese – Restauratrice
FARFENGO-BORGO SAN GIACOMO, Lorenzo Conti – Fotografo
ISPRA-VARESE, Vincenzo Gheroldi – Docente di Scienze e Tecnica del Restauro Università di Bologna
ORZINUOVI – BRESCIA, Roberto Consolandi – Docente e Storico dell’Arte
ORZINUOVI – BRESCIA, Giambattista Fiammetti – Musicista

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Rosamaria Montalbano